il voto all’estero aberrante in quanto equivale a slealtà verso il paese di adozione?
- Details
- Created on Friday, 12 August 2011 08:00
Domenica, 26 Novembre 2006
Caro Direttore,
il recente episodio di Bobo Craxi di passaggio ad Ottawa, con la sua volgare dichiarazione, mostra che “la politica all’italiana” si é trasferita, purtroppo, tra le nostre comunità all’estero. È un vero peccato.
È impossibile non rilevare il carattere aberrante della legge italiana che concede il voto agli “italiani all’estero” nella maniera particolare che sappiamo (costoro eleggono tra le
proprie file i deputati e i senatori da inviare a Roma). E difatti il governo canadese del conservatore Harper ha già fatto sapere di star esaminando l’opportunità di ritirare l’assenso dato dal governo liberale precedente alla richiesta dell’Italia di far valere in Canada la propria legge istituente le circoscrizioni elettorali estere. Legge che io considero aberrante perché in conflitto con un doveroso senso di lealtà che gli italo-canadesi dovrebbero provare nei confronti del Canada. Noi invece, inviando i nostri rappresentanti politici sia ad Ottawa che a Roma, diveniamo “servi
di due padroni”. Lo stesso ragionamento vale per tutte le altre comunità di ”italiani all’estero”, come noi con molta approssimazione veniamo chiamati.
Duole dire che gli immigrati italiani, nella stragrante maggioranza dei casi, sono refrattari alla nozione di “allegiance” (“fedeltà”, “lealtà”) verso il Canada che il legame di cittadinanza e di residenza dovrebbe pur suscitare.
Negli italiani a predominare è l’idea del rapporto utilitario, strumentale, opportunistico. Dopo tutto, non si cancellano con la bacchetta magica secoli di ”Francia o Spagna purché se magna”.
Claudio Antonelli (Montréal, canada)
Il direttore risponde
Caro Claudio, io sono uno di quegli italiani schizofrenici che per tutta la vita ha cercato di barcamenarsi fra le due (e nel mio caso tre) personalità del tipico italiano all’estero. Vedi, io non ho scelto di essere un italiano all’estero, ma ci sono nato. Poi l’ho anche scelto. Per un po’ sono anche stato un italiano in Italia. E per un breve anno, quando ero ancora molto giovane e desideroso di avventure, anche un italiano all’estero emigrato verso un altro estero.
Vuoi sapere una cosa? All’estero mi sono sempre sentito ferocemente italiano; in Italia mi sono sentito altrettanto ferocemente eritreo e poi sudafricano. Vuol dire che si possono avere due o più patrie, due o più lealtà? Non lo so. Sempre e comunque ho cercato di essere un buon eritreo, un buon italiano e un buon sudafricano.
Forse hai ragione tu. Questo voler tenere i piedi in due scarpe, viaggiare con due passaporti, conservare due nazionalità, può essere una specie di malattia, ma non la chiamerei slealtà verso il paese d’adozione. Ricorderai che tanti figli di italiani indossarono la divisa americana nella seconda guerra mondiale. Io e i miei figli non abbiamo mai indossato una divisa, ma se il paese in cui viviamo venisse aggredito dall’esterno, credo che lo faremmo.
Quanto al voto all’estero, devo confessarti che mi ha dato più delusioni che soddisfazioni. Come dici tu, il primo regalo che ci ha fatto è l’immondizia della politica. Vedrai in altra parte di questo giornale che si litiga come non si era mai fatto prima. Ma è la politica ad aver creato il marcio o il marcio c’era già e la politica lo ha soltanto valorizzato? Comunque sia, penso che se, come auspichi tu, i governi dovessero fare marcia indietro, non mi dispiacerebbe più di tanto. Indipendentemente dal fatto di essere leali verso la patria d’origine o quella di adozione.
Ciro Migliore