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Tuesday, 24th March 2015 

Nelson Mandela

Nelson Mandela, il padre della Nazione Arcobaleno, è morto nella notte fra il 5 e il 6 dicembre. Aveva 95 anni e ne aveva trascorsi 27 in prigionia. Era tornato libero nel febbraio del 1990 e in questi giorni è uscito il film che ne racconta la storia, prendendo il titolo dalle sue memorie: "The Long Walk to Freedom". Tutti i sudafricani lo piangono, uniti nel dolore e nel rimpianto come non sono mai stati prima e forse non potranno mai più essere. Il mondo intero è consapevole che con lui scompare dalla scena umana una delle più grandi figure che abbia mai camminato sotto il nostro sole.

Nell'attesa di questa ferale notizia, durante la sua lunga agonia, abbiamo scritto e riscritto queste righe mille volte nella nostra mente, cercando le parole che meglio avrebbero potuto esprimere i nostri sentimenti. Adesso che la notizia ci ha raggiunto nella notte, data dalla voce concitata di una nipotina di 16 anni che con il suo papà stava  andando alla casa di Mandela per testimoniare il suo dolore, mentre soffia impetuoso il vento del Capo, che per tanti anni gli fece visita a Robben Island, ci rendiamo conto che non ci sono parole e che soltanto il silenzio può rendere giustizia a un uomo che così tanto ha saputo spingersi oltre la sua dimensione umana.

Va' Tata Madiba. Riposa finalmente in pace.

Mandela oltre il tempo

Lo ricordiamo con queste righe pubblicate quando stava per lasciare l'ospedale, qualche mese fa: 

Nelson Mandela compie 95 anni e il mondo gli rende omaggio, inchinandosi davanti a un uomo la cui grandezza si è rivelata tale da poter superare anche la barriera del tempo. E intanto lui vince ancora una battaglia contro la fragilità della sua natura umana e si accinge a tornare a casa, nell'umile villaggio di Qunu, da dove partì ancora ragazzo con la missione mosaica di liberare il suo popolo. Figlio di un capo, primo africano titolare di uno studio legale nell'Africa bianca, non aveva bisogno di fare il rivoluzionario: al contrario, aveva tutto da perdere. Lo imprigionarono per imprigionare le sue idee, i suoi sogni, che invece nella minuscola cella di Robben Island diventarono immensamente grandi e con il loro peso morale piegarono un regime apparentemente destinato a essere sostenuto per decenni ancora dalla forza delle armi.

 

Le sue idee, la sua eredità, la sua vita sono state interpretate con profonda intuizione da un giovane artista di padre italiano e madre tedesca, nato a Johannesburg: Marco Cianfanelli. A due delle sue opere - che hanno per soggetto Nelson Mandela e che contengono un messaggio per gli scettici di oggi che vedono nella fragilità umana dell'uomo il principio della fine della sua battaglia per l'edificazione di un mondo migliore - dedichiamo questa pagina.

 

Boxing with the shadow and changing perspective

 

By Francesco Migliore

 

Artist Marco Cianfanelli, born in Johannesburg in 1970 of Italian father and German mother, works with metal, creating pieces of art which are both inspiring and thought provoking. I had the pleasure of meeting Marco at his home for an interview with the Italian news service TG2 of RAI news and tasked with writing a piece for the Gazzetta del Sud Africa, this I only found out after the interview, so unfortunately I took no notes and write from memory, leaving me with only one option: to write with the emotion and sentiment I experienced in viewing his work rather than the factual information I should have at my disposal.

 

The two pieces of art I am most familiar with are of Nelson Mandela - who at this time is nearing the end of his very special life -, both are apt metaphors for his ailing condition and his presence in our lives, now and in the future when Madiba will no longer be of the living.

 

Sculpting an icon is almost an impossible task, doing so when the icon is still alive is even harder; this is clearly evident from the statue on display at Mandela Square in Sandton City. This enormous statue of a dancing Madiba is at home there, an ostentatious display of wealth with little taste, the only redeeming quality is the sheer size of it, turning Madiba into a colossus amongst men, no metaphor, no subtleness, and no depth.

 

Despite the immensity of the task, Cianfanelli manages to encapsulate the spirit of the great man in the statue found across the road from Chancellor House in central Johannesburg. Nelson Mandela shadow boxing is easy to look at; it does not overpower the surroundings but rather enhances them, like the man himself. The pose of a fighter attempting to overpower his own shadow is the life story of the ex-president, having dedicated his entire existence fighting the tangible laws and prejudices of apartheid South Africa resonates with trying to hit shadow, a seemingly impossible task which was attained through sacrifice and years of suffering.

 


But fighting the shadows of old age can bring no joy. Inscribed on the plinth are these words, “In the ring, rank, colour and wealth are irrelevant” a quote from Mandela himself. Words which at this moment in time are strikingly relevant for all succumb to the shadow which we view as death irrespective of the stature of the individual. And as much as we the public see Mandela as a hero, the man himself has never been deluded by our accolades, remaining firmly human throughout, owning his failings and fallibilities. As unthinkable as his death is to the populace, it will come as no surprise to him.

 

The other installation is a remarkable piece of engineering and innovation.

Situated in Howick at the site of Mandela’s capture by the security forces of the apartheid regime, it is a forest of 50 metal spears, densely packed on one end and thinning as it progresses, giving the feeling of release. Viewed from any angle but the perfect one, they remain a forest of spears, seemingly random metal struts jutting out from a cement base. At the perfect angle these spears transform themselves into a clear representation of Mandela’s face, the abstract becomes tangible in the blink of an eye and clarity is seen, but as in reality this glimpse is only afforded from the correct perspective, too close, too far, left or right and the forest returns and the image fades. Clarity is often sought and seldom found but for those moments when we find ourselves in the perfect place. Cianfanelli and his collaborators illustrate this unquestionable truth in a remarkable piece of art which is truly worthy of the great man.

 

The installation also speaks to us at a deeper level, of a South Africa and for that matter the world, without the presence of one of the greatest men to have graced our lives. Much has been made of the implosion of the country once he has gone, utter rubbish in my opinion, his presence means a lot to many, his absence will not diminish his role in our society. This is to me the greatest achievement of the forest of spears, move and the image disappears, but all this means is that our perspective has changed, the image is still there we must only stand in the right place to see it.

 

This will be Nelson Mandela’s legacy; he may not be visible from everywhere but his presence will remain as a reminder of what true greatness really is and if we ever forget we can always go to Howick and see his image is as large as ever.

 

Boxare con l'ombra e prospettive variabili

 


Traduzione di Ciro Migliore

 

Marco Cianfanelli, nato a Johannesburg nel 1970 da padre italiano e madre tedesca, lavora con metalli, creando pezzi d'arte che sono al contempo fonte di ispirazione e stimolatori del pensiero. Ho avuto il piacere di incontrarlo a casa sua per un'intervista per il telegiornale TG2 della Rai e ho avuto l'incarico di scrivere un pezzo per La Gazzetta del Sud Africa, cosa che ho scoperto soltanto dopo l'intervista, per cui sfortunatamente non ho preso appunti e scrivo a memoria, il che mi lascia una sola opzione: scrivere con le emozioni e i sentimenti che ho provato nel vedere il suo lavoro piuttosto che con le informazioni di fatto che dovrei avere a mia disposizione.

 

I due lavori artistici che conosco meglio hanno per soggetto Nelson Mandela - il quale sta proprio adesso avvicinandosi alla fine della sua specialissima vita - ed entrambi sono metafore che calzano bene alle sue condizioni precarie di salute e alla sua presenza nelle nostre vite, adesso e in un futuro in cui Madiba non sarà più fra i viventi.

 

Scolpire un simbolo è un'impresa quasi impossibile; farlo mentre il simbolo è ancora vivo è ancora più difficile. Il che è molto evidente nella statua in Mandela Square a Sandton City. Questa enorme statua di un Madiba che balla è al posto giusto lì, un'ostentazione di benessere e di poco buon gusto. L'unica qualità redentrice è proprio la dimensione che ne fa un colosso fra gli uomini, senza metafore, senza sottigliezze e senza profondità.

 

Malgrado l'immensità dell'impresa, Cianfanelli riesce a incapsulare lo spirito del grand'uomo nella statua che si trova di fronte alla Chancellor House nel centro di Johannesburg. Nelson Mandela che boxa con l'ombra è facile da guardare; non sminuisce i dintorni ma piuttosto li esalta, proprio come egli sa fare. La posizione di un combattente nel tentativo di soggiogare la propria ombra è la storia della vita dell'ex presidente. Il fatto che abbia dedicato la sua intera esistenza a combattere le tangibili leggi e i pregiudizi del Sud Africa dell'apartheid è in armonia con il tentare di colpire l'ombra, un compito apparentemente impossibile che invece è stato raggiunto attraverso sacrifici e anni di sofferenze.

 

Ma combattere le ombre della tarda età non può dare gioia. Scolpite nel plinto ci sono queste parole: "Nel ring il rango, il colore e la ricchezza sono irrilevanti", citazione dello stesso Mandela. Parole che in questo attimo di tempo sono straordinariamente rilevanti perché tutti soccombono all'ombra che tutti vediamo nella morte, indipendentemente dalla statura dell'individuo. E per quanto noi, il pubblico, vediamo Mandela come un eroe, egli stesso non si è lasciato mai incantare dalle nostre adulazioni, restando fermamente umano in ogni momento, padrone delle sue debolezze e delle sue vulnerabilità. Per quanto la sua morte sia impensabile per il popolino, non sarà affatto una sorpresa per lui.

 

L'altro monumento è un notevole pezzo di ingegneria e innovazione.

 

Situato a Howick, nel luogo della cattura di Mandela da parte delle forze di sicurezza del regime dell'apartheid, è una foresta di 50 lance di metallo, raggruppate densamente a una estremità e diradanti nell'allontanarsi, dando un senso di liberazione. Viste da qualsiasi angolo tranne quello perfetto, restano una foresta di lance, apparentemente aste di metallo protuberanti casualmente da una base di cemento. Dall'angolo perfetto queste lance si trasformano in una chiara riproduzione del viso di Mandela di profilo, l'astratto diventa tangibile in un batter d'occhio e si fa chiarezza, ma come nella realtà questa visione è consentita soltanto dalla corretta prospettiva; più vicino, più lontano, a sinistra o a destra e la foresta ritorna e l'immagine svanisce. La chiarezza è spesso cercata e raramente trovata, se non in quei momenti in cui ci troviamo nel posto perfetto. Cianfanelli e i suoi collaboratori hanno illustrato questa indiscutibile verità in una straordinaria opera d'arte, veramente degna del grande uomo.

 

L'installazione ci parla anche a un livello più profondo, di un Sud Africa e, per quel che mi concerne, di un mondo senza la presenza di uno dei più grandi uomini che abbiano arricchito le nostre vite. Molto si è detto dell'implosione del paese una volta che sarà andato. Pura spazzatura nella mia opinione. La sua presenza significa tanto per molti, la sua assenza non diminuirà il suo ruolo nella nostra società. Questo è secondo me il più grande risultato della foresta di lance: muoviti e l'immagine scompare, ma questo significa soltanto che la prospettiva è cambiata, l'immagine è ancora lì e noi dobbiamo soltanto ritrovare il punto giusto per vederla.

 

Questa sarà l'eredità di Mandela: potrà non essere visibile da ogni direzione, ma la sua presenza resterà a ricordarci cosa sia la vera grandezza e se ci capiterà di dimenticarcene potremo sempre andare a Howick per vedere la sua immagine grande come sempre.

 

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