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Tuesday, 24th March 2015 

Una vita di inviti mancati

Ciro Migliore da Città del Capo -

Domenica scorsa, alla fine della messa italiana nella chiesa della Santa Croce, nel District Six di Cape Town, padre Mario Zambiasi, tornato per una breve visita nei luoghi dove arrivò nel 1994 a stabilire una prima presenza scalabriniana in Sud Africa, avendo di fronte alcune di quelle che furono le sue prime pecorelle, dopo aver commentato i passi del Vangelo in cui il Messia esorta le persone in posizione di potere a non abusare della loro condizione per rubare, malversare e maltrattare e dice ai discepoli di dare il superfluo a chi non possiede nulla, ha detto loro: "Adesso, quando arriverete a casa e aprirete la porta, prima di entrare, sostate un momento, lasciate il passo a lui e dite: Gesù, benvenuto nella nostra casa".

Facile. Sì, facile far entrare nella propria casa il Gesù delle cartoline natalizie e degli alberi di Natale, ma provate un po' a immaginare cosa significhi fare entrare nella propria casa il Gesù che caccia i mercanti dal tempio o quello che dice al ricco discepolo: "Va', distribuisci ai poveri tutti i tuoi averi e potrai entrare nel regno dei cieli". Un po' meno facile.

Certo, neanche il sacerdote più ingenuo si aspetta che i suoi parrocchiani seguano alla lettera gli insegnamenti cristiani, ma forse tanti mali della società in cui ci ritroviamo a vivere e che vediamo riflessa ogni giorno sui giornali e nei telegiornali potrebbero essere meno acuti se fossimo tutti un po' più coerenti nel mettere in pratica la fede nella quale siamo stati battezzati e che non è necessariamente quella cattolica. Tutte le religioni si fanno portabandiera di ideali di pace, fraternità, carità e altruismo. Ma poi, quando si arriva a tirare le somme, è più facile chiudere un occhio ed essere un po' indulgenti verso se stessi che assumersi la responsabilità di tendere la mano verso qualcuno in evidente stato di bisogno.

Se non fosse così non avremmo parlamentari e amministratori che dilapidano e sottraggono fortune di cui sono detentori fiduciari e chiudono gli occhi di fronte ai sacrifici che un'intera nazione è chiamata a fare per non sprofondare nella miseria. Se fosse così non avremmo uomini d'affari che sottraggono a un paese le risorse che gli abitanti hanno prodotto per poter costruire fortune personali delle quali non potranno comunque mai godere pienamente. Non hanno capito che la ricchezza non dà la vita eterna su questa terra.

Questi individui non inviteranno mai il Gesù del Vangelo a entrare nella loro casa. E se lo faranno sarà soltanto perché saranno convinti di poter ingannare anche lui. E se noi lo faremo è soltanto perché siamo tutti convinti che il messaggio sia diretto appunto agli altri, a coloro che ammassano ricchezze a scapito dei lavoratori e dei loro amministrati.

Dove dunque troveremo il coraggio per dire a Gesù: "Entra nella mia casa"?. Dove se non nel bisogno e nel dolore? E' quando la vita ci mette al tappeto, quando le fortune si dileguano, quando le malattie o le disgrazie ci fanno soffrire, è allora che il nostro invito a entrare diventa sincero. Ed è allora, per fortuna, che Gesù non ci rinfaccia una vita di inviti mancati.

Questo Natale, quindi, facciamo uno sforzo, vinciamo la paura che ci prenda in parola e diciamo a noi stessi oltre che a lui: "Vieni, Gesù, vieni ad aiutarci a essere migliori". Poi probabilmente ce ne dimenticheremo, ma almeno così, quando lo vorremo vedere veramente entrare nella nostra vita e nella nostra casa, potremo dirgli: "Ti ricordi di quella volta, nel Natale del 2012, quando ti invitai a casa mia?". E lui sorriderà.

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