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- Created on Sunday, 27 May 2012 09:42
dalla nostra inviata Martine Cristofoli
La presenza italiana a Cannes 2012 , oltre a "Reality" di Matteo Garrone in concorso , "Io e te" di Bernardo Bertolucci e "Dracula in 3D" di Dario Argento, fuori competizione (Séance de Minuit), contava anche sui cortometraggi "Terra" di Piero Messina, "Lettera da Madras", del livornese Irish Braschi e altri.
Tra i lungometraggi quello che ha avuto apprezzamenti migliori è stato "Io e te" del maestro di Parma. "Reality" ha deluso in parte e "Dracula" è stato un flop. Ciò dimostra che il cinema italiano, almeno quello visto sulla Croisette, vive ancora un periodo assai travagliato. L’alba di un nuovo cinema, quello che aveva entusiasmato l’Europa e il mondo, non è ancora sorta. Per dirla con Eduardo, la “nuttata” non è ancora passata. E chissà se lo sarà mai!
Sia "Terra" che "Lettera da Madras", visionati in Dvd, sono opere riuscite, direi pregevoli, per concezione e sceneggiatura. "Lettera da Madras" però è quello che tocca di più i sentimenti e provoca più emozioni. "Terra", invece, nella sua austerità narrativa, è più universale. Piero Messina e Irish Braschi, nuove leve della cinematografia italiana, già in possesso del mezzo tecnico, hanno bisogno di tempo, di confronti e di esperienze per affinare il loro sentire cinematografico e le loro visioni del mondo e dell’umanità.
"Terra", prodotto da CSC Production in collaborazione con Rai Cinema, è frutto di una partnership avviata ormai da anni, che ha portato al prestigioso risultato di avere per il secondo anno consecutivo uno short in concorso a Cinéfondation. "Terra" racconta il viaggio notturno di un uomo, interpretato da Giorgio Colangeli, che dopo molti anni decide di ritornare in Sicilia su una nave che attraversa lo Stretto. Di lui il film non ci dice nulla, ma ci fa percepire la solitudine e una sua vaga idea di mettere termine alla sua esistenza. Questa viene però accantonata quando rivede la sua Terra, che gli ridà la speranza di vivere.
In "Lettera da Madras", Irish Braschi riesce a raccontare in quindici minuti, in modo compiuto e commovente, la storia di amore e morte tra il giovane indiano Rajeev, venditore ambulante di fiori, e la giovane araba Fadwa che vive le sue stesse condizioni di emarginata in una Torino dell’emigrazione. Rajeev, forte del suo amore sfida gli usi del suo paese, rifiutando il matrimonio in India con la donna sceltagli dalla madre e che gli è stato comunicato dalla lettera da Madras. La risposta del suo rifiuto non arriverà mai a destinazione, in quanto il romantico venditore di fiori viene ucciso da un fratello di Fadwa. La morte violenta mette fine al sogno e alle aspirazioni dei due giovani. In lettera da Madras Irish Braschi da prova di ben saper filmare la sua storia e di renderla avvincente per lo spettatore.
Martine Cristofoli