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- Created on Saturday, 09 June 2012 12:32
Rooney decide: Italia-Inghilterra -
Dai Italia, ce la puoi fare. L'Inghilterra batte 1-0 l'Ucraina e si guadagna - oltre al primo posto nel girone D -, la sfida nei quarti con gli azzurri di Prandelli. E questi sono i fatti. Poi ci sono le sensazioni. E queste ci dicono che questa versione dei Leoni inglesi è davvero una delle più abbordabili degli ultimi tempi. L'Ucraina attacca per gran parte della partita, subisce un gol abbastanza casuale in avvio di ripresa, poi un errore del giudice di porta le nega il pari, che sarebbe stato sacrosanto e ci avrebbe regalato un finale da brividi.
PERPLESSITA' — Obiettivo raggiunto per mister Roy, ma i dubbi sul reale valore di questa Inghilterra restano. Hodgson ha impostato una squadra molto corta e compatta, con le due linee da quattro molto vicine per proteggere Terry e Lescott, solidi ma vulnerabili sul breve. La tenuta difensiva è decorosa ma non dà garanzie assolute. E le le 3-4 palle gol-nitide avute dall'Ucraina sono lì a darci coraggio. Perché Balotelli, Di Natale e Cassano sono molto meglio di Devic e Milevsky, con tutto il rispetto. Evidente anche la mancanza di varianti quando si attacca. Le palle inattive di Gerrard, qualche uno contro uno di Young e poco altro. Neppure il rientro di Rooney, apparso appannato al di la del gol, ha migliorato molto le cose sul piano della manovra,.
TUTTO CHIARO — Blokhin, che ha Shevchenko più che a mezzo servizio (ginocchio, giocherà senza incidere solo gli ultimi 20') dà una rinfrescata alla sua Ucraina, con Voronin e Nazarenko in panchina per Milevsky e Garmash. La squadra che ha bisogno di vincere per passare è l'Ucraina. E il buon mister Hodgson dice ai suoi di coprire bene il campo in difesa e non rischiare nulla. E in effetti davanti a Joe Hart succede pochino, nonostante le accensioni intermittenti di Yarmolenko e Konoplyanka, due '89 molto interessanti, sulle fasce. Anzi, è Rooney a sciupare l'1-0 mandando fuori un colpo di testa ampiamente alla sua portata su un bel cross a pescarlo in area di Ashley Cole.
SEMPRE GERRARD — Stesso copione in avvio di ripresa, con l'Ucraina che prova ad aumentare la velocità. La squadra di Blokhin incassa però un gol spaccagambe al 3'. Gerrard, ancora l'uomo in più a 32 anni e dopo una stagione molto a singhiozzo a Liverpool, mette in mezzo da destra. Palla sporcata da Selin e mancata da Welbeck sul primo palo, ma irrompe Rooney che segna uno dei gol più facili della sua carriera.
MA CHE SEI LI A FARE? — Non lo diciamo noi, ma Michael Owen su twitter. L'attaccante commenta così la topica del giudice di porta, che nega il gol a Devic dopo che Terry in spaccata ha allontanato il tiro del sostituto di Sheva, già contenuto da Hart. I replay non lasciano dubbi: sarebbe il gol dell'1-1. Allora forse ha ragione chi dice che serve a poco aggiungere arbitri. L'episodio priva l'Ucraina, già vicina al pari con Milevsky, l'ultimo disperato assalto e permette a Hodgson di condurre in porto la partita senza ulteriori patemi. Ora c'è l'Italia. E dopo aver visto le tre partite dell'Inghilterra in questa fase a gironi, sarebbe sbagliato non crederci. - Jacopo Gerna twitter@jgerna77 - gazzetta.it
L'orgoglio di Ibra gela la Francia -
Dunque non sarà Italia-Francia. La squadra di Blanc se la vedrà ai quarti con la Spagna, ma col morale demolito da una Svezia superiore in tutto: fisicamente, tatticamente, mentalmente e soprattutto con la voglia irrefrenabile di uscire dall'Europeo con la massima dignità possibile: finisce 2-0 per Ibra e soci e il risultato è strameritato. Davvero poche idee e soprattutto poco squadra il gruppo di Blanc. Alla Svezia è bastato metterla sul piano del fisico quando necessario e ragionare un po' di più. La Francia chiude una serie di 23 risultati utili consecutivi e ora si deve porre più di qualche domanda, soprattutto sul piano della tenuta mentale.
I MIGLIORI — La miglior Svezia possibile per l'onore e nulla più. Il c.t. Hamren, il cui posto in panchina probabilmente non sarà salvato dal suo sponsor d'eccezione, Ibrahimovic, deve fare a meno di Elm, Elmander e Lustig, mette Rosenberg in panchina e Toivonen terminale offensivo nel 4-2-3-1, con Ibra qualche metro dietro per dare mano alla squadra. La Francia di Blanc rinuncia in partenza a Cabaye, che ha preso una botta in allenamento, e piazza titolare per la prima volta nell'Europeo M'Vila, del tutto recuperato. Seconda panchina di fila per Evra con Clichy confermato titolare. Rami preferito a Koscielny in difesa accanto a Mexes: niente timori per i diffidati. E niente turnover davanti: c'è Benzema, mentre Menez si accomoda in panchina.
POCHI BRIVIDI — Una Francia tutto pressing e velocità, lascia molto a desiderare sul piano della razionalità, affidandosi a Benzema e Ribery come al solito pericolosi per dinamicità. La Svezia si affida alla luce di Ibrahimovic, che si danna a tutto campo, ricevendo palloni in quantità industriale e distribuendo gioco rimanendo lontano dalla porta difesa da Lloris. Tardano a carburare nella Francia Debuchy e Nasri, con la Svezia che a centrocampo non riesce a costruire azioni, frenata dalla gran vena del centrocampo francese (bene M'Vila e Diarra). Viene fuori un primo tempo deludente, acceso da due fiammate. La prima è svedese: Ibra lancia Toivonen, Mexes scivola e l'attaccante svedese si libera di Lloris e calcia angolato colpendo il palo. Poi tanta Francia con una grande parata di Isaksson su Ribery. Ma i transalpini non passano la linea difensiva avversaria e si affida ai tiri da lontano, con Ben Arfa, Ribery e Benzema. Il caldo umido avrà influito, ma di sicuro la Svezia vince ai punti la prima frazione.
WILHELMSSON CHOC — Hamren mette dentro Wilhelmsson per un deludente Bajrami. E l'ingresso del centrocampista che gioca in Arabia Saudita, nell'Al-Hilal, cambia radicalmente il volto alla partita. Salta il banco, con Wilhelmsson che salta sistematicamente il rivale di turno a centrocampo producendo una serie di cross e tiri in porta impressionanti. La difesa francese balla a più riprese e Lloris nel giro di dieci minuti deve compiere due paratone: la prima su Larsson, servito da Whilemsson, quindi sul nuovo entrato. E poi capitola al'8' su una magia di Ibrahimovic che, alla prima vera occasione da rete in area francese, inventa una mezza rovesciata fantastica su cross di Larsson. Va detto però che Mexes lì accanto si perde il compagno di squadra rossonero e questa è la perla in una partita non poco deludente, che conta anche un giallo che vale la squalifica al milanista, diffidato e quindi assente contro la Spagna. La Svezia per dieci minuti non si tiene in un match che perde di fatto i riferimenti a centrocampo. Ci provano i francesi, che però, compreso che è impossibile arrivare in area col fraseggio grazie a una difesa attenta (Mellberg è un gigante) degli svedesi, si rassegna a provare con una serie infinita di tiri da lontano. Blanc mette dentro Malouda, Giroud e Menez. Col risultato di ingolfare la trequarti svedese e nulla più. E in tutto questo la Svezia chiude in bellezza col 2-0 di Larsson, che raccoglie nel concitato finale una palla che rientrava in area dopo la traversa colpita da Holmen al termine di una discesa del solito Wilhelmsson. Nel frattempo la difesa francese... era spettatrice. Blanc può ringraziare l'Inghilterra. Adesso sotto con la Spagna. - Nicola Melillo© - gazzetta.it
L'Italia passa con un gol spagnolo -
POZNAN - Altro che biscottone indigesto, cioccolatini. Prelibati e ripieni dei quarti di finale. Alla presenza di mon chéri Platini, e lì che l’Italia approda nell’attesa ora di capire se a Kiev affronterà Francia, Inghilterra o, ipotesi più remota, l’Ucraina. Passiamo da secondi, dietro la Spagna che, alla faccia dei sospetti e dei veleni, ha sconfitto la Croazia. Contro l’Irlanda del Trap la partenza è da incubo e il finale da brividi. Nel mezzo la nazionale di Cesare Prandelli fa quello che deve fare: battere la squadra materasso del girone, ritrovare la via del gol e soprattutto il duo Cassano-Balotelli.
SI TORNA ALL’ANTICO - Partita di cuore e di nervi, così l’ha preparata il ct. Rinnegato il terzetto, si torna a 4 in difesa: in mezzo all’area con Chiellini c’è Barzagli (titolare a 17 giorni dall’infortunio), più Abate e Balzaretti a spingere sulle fasce. Il jolly De Rossi avanza a centrocampo mentre l’attacco ruota attorno alla fantasia del tandem Totò Cassano-Totò Di Natale. Totò al quadrato. Balotelli, i suoi guai al ginocchio e i suoi pensieri riposano in panchina. In due parole, si parte con il vecchio e collaudato rombo.
PARTENZA CHOC - Caldo africano, tifosi azzurri relegati in uno spicchio di uno stadio “total green”. Il clima di partenza non è dei più amichevoli, (anche se i seguaci del Trap si guardano bene dal fischiare l’inno di Mameli). Poi peggiora. Le percussioni irlandesi costringono subito Buffon a uscite non convenzionali. Paradossalmente i piccoletti di Prandelli fanno quello per cui non sono portati: cross dal fondo e mischie in area. Reparti slegati, Pirlo che gira a vuoto, gli esterni (Abate e Balzaretti) che non ne azzeccano una: una pena ed è un eufemismo. Per ritmo (blando) e personalità (latitante) sembra di rivivere la partita con la Slovacchia del mondiale 2010. Meno male che i Verdi sbagliano il tempo dei passaggi altrimenti al 23’ in contropiede si presenterebbero soli davanti a Buffon.
CASSANO, DIECI GOL - Quando l’Italia sembra già con un piede sull’aereo verso casa succede di tutto. Il primo a tirarci fuori dalla buca è Di Natale. Un guizzo (girata da dentro l’area che sbatte su un avversario) dopo 30’ minuti da incubo. Non è una fiammata ma è qualcosa di più. Ci pensa l’altro Totò, Cassano, a incendiare il match. In un amen tiro da fuori che Given respinge goffamente e sul successivo angolo battuto da Pirlo rete di testa ad anticipare Andrews. Decima perla in azzurro, lui che nell’ultima e pirotecnica conferenza stampa aveva detto “di non interessarsi ai gol ma agli assist”.
IL RITORNO DI SUPERMARIO – Nessun cambio nell’intervallo e la foga irlandese dei primi 45’ minuti è svanita. Al 49’ il solito Cassano calcia addosso a Dunne, detto l’armadio e perno di una difesa che l’attacco azzurro ormai smonta e rimonta come fosse un pezzo dell’Ikea. Ma prima bisogna passare indenni l’ora di gioco, il “Rubicone prandelliano”. Quando arriva il calo fisico. Al 56’ Chiellini esce per infortunio, dolore alla coscia sinistra e sguardo che preoccupa. Gli subentra Bonucci. Poi Cassano lascia il posto a Diamanti, al debutto nel torneo. Entra anche Balotelli, fischiato dagli irlandesi, proprio nella fase della partita più nervosa. Buffon viene ammonito per proteste, Andrews di lì a poco verrà espulso. SuperMario resta invece lucidissimo e al 90’ in mezza rovesciata fa un gol capolavoro. A quel punto vorrebbe urlare al mondo la sua rabbia ma Bonucci gli tappa, letteralmente, la bocca. Poi scatta la festa. Quando a Danzica finisce Spagna-Croazia tutti in campo. Si prende l’aereo, ma per l’Ucraina. - Luca Gelmini - corriere.it
La Spagna rifiuta il biscotto -
Tanto rumore per nulla: onore alla Spagna. L'allarme "biscotto" si rivela infondato, una cosa da italiani malfidenti e "suspechosos". La Spagna batte 1-0 la Croazia e la elimina, senza pensarci troppo e rischiando parecchio anche sulla propria pelle. Lo 0-0 infatti dura a lungo e nella ripresa, prima che si aprissero praterie per Iniesta e compagni, le occasioni migliori sono per la Croazia. Quando Casillas si trasforma in San Iker per parare un colpo di testa a botta sicura di Rakitic: un gol spedirebbe a casa la squadra di Del Bosque, con un bagaglio di amara correttezza. I croati reclamano anche un rigore per tempo, ma di biscotti neanche l'ombra anche se sarebbe bastato un facile 1-1, senza ricorrere al 2-2.
IL GOL DI NAVAS — Meglio così, e non solo per le nostre sorti. La Spagna vince il girone nonostante giochi una partita in cui il possesso palla sembra più sterile del solito. Alla fine decide il gol a porta vuota di Jesus Navas, entrato per Torres quando Del Bosque decide di rinunciare al centravanti per tornare alla formula-Barcellona. E' il 43': Xavi pesca Iniesta sul filo del fuorigioco, quest'ultimo piazza l'assist per il gol più facile.
BILIC SI COPRE — La Croazia esce dopo un girone in cui ha sempre lottato, bucando forse solo il primo tempo contro di noi. Contro i campioni del Mondo resta forse troppo accorta. Bilic prova prima di tutto a inaridire le fonti del gtoco della Spagna: in particolare è preoccupato da Iniesta, e così raddoppia i terzini destri, piazzando Srna (gran partita) davanti Vida: la mossa funziona a lungo, perché il blaugrana si vede poco, rispetto ai suoi standard. La Spagna per tutto il primo tempo crea solo una minima occasione, con un tiro da posizione ultra-defilata di Torres, che finisce in angolo.
RIGORI DUBBI — La Croazia non cambia il suo atteggiamento coperto e attendista nemmeno quando passa in vantaggio l'Italia: resta coperta, pressa poco e concede lo sterile possesso palla agli avversari. Arriva da Casillas raramente, con dei lampi: l'occasione migliore nei primi 45' è il mancato rigore su Mandzukic. Sergio Ramos entra con un tackle altissimo che colpisce palla e piede: il rigore poteva starci, ma l'arbitro di porta, a un metro, non segnala nulla. Non si fischia nulla nemmeno nel finale, prima dell'1-0 spagnolo, quando Busquets trattiene vistosamente per la maglia Corluka, che di testa aveva anticipato Casillas. A quel punto Bilic aveva già inserito tutte le punte a disposizione, liberando dalla solitudine Mandzukic. Ma non era bastato. - Valerio Clari - gazzetta.it
Portogallo ai quarti, Olanda a casa
KHARKIV - Repubblica Ceca-Portogallo (giovedì 21 giugno, a Varsavia) e Germania-Grecia (venerdì 22, a Danzica) sono i primi due quarti di finale dell’Europeo 2012. Dopo la doppia sorpresa di sabato, con l’eliminazione di Russia e Polonia, domenica sera è toccato all’Olanda andare a casa, disintegrata dal Portogallo guidato da un Cristiano Ronaldo probabilmente alla miglior partita in nazionale di tutta la carriera.
DELUSIONE ORANGE - L’Olanda – che doveva vincere con due gol di scarto e sperare nel successo della Germania contro la Danimarca (che si è puntualmente verificato) – è partita nel modo migliore, con un gol di Van der Vaart all’11. Lì, però, è salito in cattedra Cristiano Ronaldo, che ha segnato due gol (28’ p.t. e 29’ s.t.), colpito due pali e ridicolizzato la difesa olandese ogni volta che ha avuto la palla tra i piedi. Avrebbe mandato in gol anche Nani, con un assist millimetrico, se il compagno non avesse centrato da cinque metri Stekelenburg, il migliore degli olandesi. Un particolare che la dice lunga su chi abbia giocato meglio. Perfetto Pepe in difesa, ottimo Joao Moutinho a centrocampo.
IL RISVEGLIO DI CR7 - Cristiano Ronaldo è arrivato, con la doppietta di ieri, alla fantascientifica cifra di 68 gol in 67 partite stagionali, così distribuiti: 46 gol in Liga; uno in Supercoppa di Spagna; 10 in Champions League; 3 in Copa del Rey; 8 in nazionale. L’Europeo potrebbe anche aiutarlo a vincere il Pallone d’oro, in una stagione in cui Messi non ha conquistato né la Liga né la Champions League. Per farlo, però, dovrà portare ancora avanti il Portogallo. Il quarto di finale con i cechi non è impossibile, l’eventuale semifinale potrebbe essere contro la Spagna.
TONFO ORANGE - L’Olanda esce con un tonfo fragoroso: tre partite e tre sconfitte. Non veniva eliminata al primo turno di un Europeo dal 1980. È il risultato di un gruppo che due anni fa era arrivato alla finale del Mondiale ma qui si è perso tra ruggini (Van Bommel), egoismi (Van Persie e Robben), scarsissima qualità (Van der Wiel, i centrali difensivi). Si è salvato solo Sneijder. Troppo poco. - Luca Valdisseri - corriere.it
Danesi liquidati, tedeschi ai quarti
LVIV – Tre vittorie su tre partite, 5 gol fatti e 2 subìti, girone della morte dominato e prospettiva di un quarto di finale apparentemente comodo con la Grecia: la Germania ottiene tutto quello che voleva, con merito e senza sforzi. Il 2-1 con la Danimarca è il frutto di una supremazia evidente che nemmeno il gol del momentaneo pareggio di Khron-Dehli al 24’ del p.t. (dopo quello dell’1-0 di Podolski al 19’) mette in forse: troppo debole e rassegnata la squadra di Morten Olsen che non rischia mai (neanche un ammonito!) e alla fine viene giustamente trafitta dal primo gol in nazionale di Bender. Va avanti insomma la squadra migliore, per la quale adesso inizia il bello.
BOTTA E RISPOSTA - La Germania prende subito in mano il match, con manovre avvolgenti che sfondano sulla sinistra danese dove Simon Poulsen si conferma inadeguato. Muller però sbaglia due volte al 2’ e al 6’, facendosi parare da Andersen un tiro semplicissimo da due metri. Quando arriva la notizia del WOW64; rv:12.0) Gecko/20100101 F i tifosi danesi esultano perché un pareggio qualificherebbe entrambi, ma la Germania li disillude al 19’: bella azione sulla destra di Muller che elude S.Poulsen, palla in mezzo, tocco di fino di Muller e Podolski sfonda la rete da pochi metri. Passano 5’ e la Danimarca pareggia: corner di Jacobsen da destra, torre di Bendtner tra Bender e Schweinsteiger e il piccolo Krohn-Dehli (170cm) si infila tra Hummels e Gomez per inzuccare l’1-1. Non basta, perché nel frattempo il Portogallo segna e rimette fuori gioco i danesi. La Germania intanto si mangia altre due palle gol ntte con Gomez (33’), che cicca un cross dell’ottimo Podolski, e con Khedira (41’) che affossa un buon pallone da due passi.
DECIDE BENDER - La ripresa comincia con una grande occasione per la Danimarca: bella discesa di Simon Poulsen, assist del solito Bendtner e Jakob Poulsen al volo di piatto manca la rete di pochissimi. E’ il 6’ e ci si potrebbe aspettare un forcing danese: la squadra di Morten Olsen invece attende, sembrando fidarsi più di un gol dell’Olanda col Portogallo che dei propri mezzi. Mentre la Germania si limita a un tiro parato del neoentrato Schurrle (per l’ottimo Podolski), la Danimarca butta lì due azioni poco convinte di Zimling e Bendtner. I tedeschi allora non possono fare a meno di raddoppiare a 10’ dalla fine: break di Khedira, assist di Ozil per Bender che arriva dietro la diagonale sbagliata da J.Poulsen e chiude la storia. Germania prima, Danimarca a casa. Ed è giusto così. - Alessandro Pasini - corriere.it
Grecia miracolata -
VARSAVIA - Almeno nel calcio, i miracoli dalle parti di Atene non sono ancora finiti. La Grecia fa fuori la Russia con un gol di Karagounis, assieme a Katsouranis uno dei reduci del magico Europeo 2004. Lo squadrone di Advocaat, semifinalista quattro anni fa, riesce nell’impresa di non passare il girone oggettivamente meno stellare del torneo. Ma la Russia è lenta e sbatte fin da subito sul muro greco, tornato ai livelli di un tempo dopo il record negativo con la Repubblica Ceca (2 gol nei primi sei minuti): per Arshavin e soci è un fallimento completo a cui, almeno fino a prova contraria, non si aggiunge quello fuori dal campo.
DOPPIA MANDATA– Varsavia, dopo gli scontri tra russi e polacchi del 12 giugno, è una città blindata: centinaia di poliziotti devono tenere a bada ventimila russi e anche la delusione dei polacchi eliminati dai cechi. Ma ancora più inespugnabile è la difesa greca: i russi all’inizio sembrano poter far male ad ogni attacco, ma il portiere Sifakis non deve fare grosse parate.
GOL STORICO – Prima dell’intervallo, la Grecia mette fuori la testa e approfitta di un incredibile errore di Ignashevich che di testa, dopo una rimessa laterale, manda Karagounis da solo verso la porta: l’ex interista, ieri sera alla 120esima presenza in nazionale (record come Zagorakis mitico capitano a Euro 2004) non sbaglia davanti a Malafeev e capovolge il destino del girone: i greci si ritrovano momentaneamente in testa, col pareggio tra cechi e polacchi.
GIROTONDO – La situazione cambia, ma solo nell’altra partita. La Grecia difende la vittoria che vale il secondo posto, ma sfiora anche il 2-0 con una grande punizione di Tzavellas che centra in pieno l’incrocio dei pali. Advocaat cambia le punte, ma ottiene appena due tiri pericolosi, ben parati da Sifakis. Fernando Santos, il c.t. triste, alla fine può sorridere: i suoi ragazzi festeggiano con un girotondo davanti ai quattromila greci presenti. E la Russia casca giù per terra. - Paolo Tomaselli - corriere.it
Polonia stregata -
WROCLAW - Le prime sorprese arrivano dal gruppo dei cattivi, quello dove si sono verificati gli scontri più gravi tra tifosi. E sono proprio gli hooligans incriminati, dai russi ai polacchi, ad andarsene (beh, veramente i polacchi resteranno, è casa loro). C’era un clima pesante sull’asse Varsavia-Breslavia (Wroclaw, Bresalu) che stasera riprende il suo nome ceco, Vratislav, perché l’incredibile è avvenuto, la Repubblica Ceca che aveva subito uno dei risultati più pesanti dell’Europeo all’esordio, 1-4 contro la Russia, si trova a passare il turno addirittura da prima.
Fuori la Polonia che aveva un solo risultato possibile, il successo, fuori uno dei due Paesi ospitanti, con forte rischio che anche l’Ucraina la segua. La squadra di Franciszek Smuda ha probabilmente perso il suo Europeo pareggiando con la Grecia la partita d’esordio, eppure aveva l’occasione di farcela, battendo i cechi. Ci prova, però, con scarsa continuità e dopo aver fallito alcune occasioni iniziali, la più allettante con il fenomeno Lewandowski, perde anche il controllo del gioco che passa ai cechi.
Strana squadra quella di Michal Bilek, non dà mai l’impressione di poter fare un gioco stordente, ma è solida e in alcuni elementi, dal terzino destro Theodor Gebre Selassie all’autore del gol-qualificazione Petr Jiracek, anche discreta come palleggio e classe. È una squadra che cerca di costruire una convincente eredità dopo il decennio d’oro di Nedved e compagni, dalla finale persa con la Germania nel 1996 alla semifinale del 2004 in Portogallo (sconfitta dalla Grecia poi campione d’Europa). È una squadra che ha ancora il cannoniere di quel torneo, Milan Baros, con la sua maglia numero 15. È una squadra solida, continua.
Il contrario della Russia, come sempre meteoropatica. Insomma, la devi battere, mettendoci impegno. Alla fine i cechi fanno una festa contenuta e i polacchi manifestano una malinconia altrettanto riservata. Lo stadio di Wroclaw si svuota. È il primo dell’Europeo a chiudere. C’è una metafora anche in questo. - Roberto Perrone - corriere.it
L'Inghilterra ringrazia Walcott
KIEV (Ucraina) - Rooney guarda la sua Inghilterra dalla tribuna e il cuore fa mille sobbalzi: prima ride, applaude, se la gode. Poi soffre, quasi non crede ai suoi occhi. Poi sospira. E infine ride. Anche Ibra, per lunghi tratti, guarda la sua Svezia, ma dal campo. Poi si sveglia ogni tanto, ma resta il senso di un'incompiuta: gli scandinavi perdono 3-2 una gara piena di colpi di scena e sono già eliminati. A quota zero, per loro Francia e la stessa Inghilterra, appaiate in testa a quota 4, sono irraggiungibili.
LE SCELTE — Le due rivoluzioni danno frutti diversi. Hamren boccia Toivonen e Rosenberg giocandosi la carta Elmander in attacco. L'idea è quella di sfruttarne la rapidità per capitalizzare al massimo le sponde di Ibra. Dall'altro lato Hodgson inserisce il centravanti vero, Carroll, per tenere palla davanti a non farsi puntualmente risucchiare all'indietro come contro la Francia. Delle due intenzioni soltanto la seconda viene realizzata: l'attaccante del Liverpool fa valere centimetri e stazza fisica, dà vita a un bel duello con Mellberg e, quel che più conta, al 23' realizza un gran gol svettando tra l'ex difensore della Juve e Granqvist sul cross di Gerrard. Dall'altro lato Elmander fallisce più per colpa di Ibra e dell'atteggiamento della squadra che per suoi demeriti: il milanista trotterella e si sveglia raramente, Larsson ed Elm non spingono mai sulle fasce, i terzini Granqvist e Martin Olsson non superano quasi mai la metà campo.
EMOZIONI — Nella ripresa non ci sono sostituzioni, ma a cambiare è l'atteggiamento dell'Inghilterra che resta troppo bassa in attesa della Svezia. Che non avrà grandi qualità tecniche, ma come sempre sfrutta i calci piazzati. Sul primo (al 4') è fortunata, perché un rimpallo favorisce prima Ibra e poi Mellberg, mentre una deviazione di Cole aiuta l'ex juventino a firmare l'1-1; sul secondo (al 14') è semplicemente brava, ancora con Mellberg, a sfruttare una dormita della difesa britannica. Così la rimonta è completa. Ma dura poco: Hodgson manda in campo Walcott al posto di Milner e l'esterno dell'Arsenal lo ripaga subito segnando il 2-2 con un tiro dal limite. Poi, dopo un paio di occasioni sprecate dalla Svezia (con Kallstrom e Ibra), ecco un'altra magia di Theo che fa fuori due avversari e regala a Welbeck la palla del 3-2. Certo, l'attaccante dell'United ci mette del suo colpendo di tacco. Un bel modo per consentire a Rooney di rientrare senz'ansia. - Ivan Palumbo - gazzetta.it
Francia-tornado abbatte l'Ucraina
DONETSK – La Francia irrompe in Euro2012 con un 2-0 netto e meritato sull’Ucraina. La squadra di Blokhin resiste solo un tempo sulla forza dei nervi. Quando poi la supremazia tecnica dei Bleus straripa in tre minuti con i gol di Menez e Cabaye, per i padroni di casa, addirittura fischiati dai propri tifosi, non c’è più niente da fare. La Francia balza in testa al girone, l’Ucraina resta in corsa per la qualificazione. Ma il ridimensionamento, anche in termini di gioco, è evidente e rischierà di avere contraccolpi contro l’Inghilterra.
PIOGGIA – Quattro minuti e la partita viene sospesa: un tremendo temporale si scatena su Donetsk e costringe a un’ora di interruzione. Alla ripresa, il campo è in condizioni incredibilmente buone anche se la palla che schizza sull’erba bagnata creerà diverse difficoltà ai giocatori. L’Ucraina, rispetto all’esordio, arretra Nazarenko in mediana con Tymoshchuk, la Francia schiera Menez e Clichy al posto di Malouda e Evra. Il gioco è subito in mano ai francesi, l’Ucraina attende per innescare il contropiede grazie ai break di Nazarenko, Yarmolenko e Konoplyanka.
BOTTA E RISPOSTA - Nella Francia il più vivo è Ribery che al 17’ offre un assist al bacio per Menez il quale segna in fuorigioco: l’arbitro Kuipers annulla. Ancora l’ex romanista in scena: al 26’ tira alto da buona posizione, al 29’ ha una gran palla gol (un errore di Tymoshchuk innesca Ribery che gli fa l’assist) ma il suo tiro è parato da Pyatov. L’unica replica della Ucraina è di Shevchenko al 35’: lancio di Selin, lui scivola dietro la marcatura di Remy e colpisce in diagonale, ottima al risposta di Lloris. Ma è ancora Francia al 39’: corner di Nasri, testa di Mexes, Pyatov si supera.
LOGICA - La supremazia francese, dopo un bellissimo tiro illusorio di Shevchenko che sfiora l’incrocio al 4’ della ripresa, si concretizza in tre minuti: all’8’ Menez salta benissimo Selin e, rientrando da destra al centro, colpisce di sinistro sul primo palo dove Pyatov non arriva. Gran gol. L’Ucraina accusa il colpo e all’11’ raddoppia Cabaye che, in posizione di centravanti, su assist di Benzema e errore di posizionamento di Mikhalik elude la marcatura di Gusev e batte Pyatov in uscita. Blokhin, che nell’intervallo aveva già tolto il deludente Voronin per Devic, leva un centrocampista (Nazarenko) per un altro attaccante, Milevskiy.
FISCHI - La partita però è completamente in mano ai francesi: Ribery, Benzema e Nasri palleggiano senza problemi, gli ucraini ballano la rumba, Cabaye colpisce un palo da fuori al 20’ e lo stadio si irrita buttando là qualche fischio ingeneroso. Sulle gambe e fiaccata nel morale, la squadra di Blokhin non trova più la forza di reagire. - Alessandro Pasini - corriere.it
L'Irlanda a casa con 4 gol spagnoli -
DANZICA - Trionfa la Spagna: doppietta di Fernando Torres (prima rete dopo 4 minuti, partita subito in discesa), gol di Silva e Fabregas, venuto dalla panchina e furente per l’esclusione. L’Irlanda esce dall’Europeo, prima squadra ad essere eliminata, con una giornata di anticipo, in attesa di affrontare l’Italia lunedì. Troppo forte la Spagna, per poter immaginare di non perdere; troppo tecnica la squadra di Vicente del Bosque, che gioca a memoria da anni: impressionante il modo in cui gli spagnoli hanno applicato il pressing alto, modello Barcellona, rubando la palla agli irlandesi al limite dell’area. Hanno cercato persino il gol di tacco, hanno provato ad andare in porta con il pallone, ne hanno fatte di tutti i colori. Troppo di tutto.
IMPEGNO E CANTI - Però in questa notte di pioggia, con il prato dello stadio di Danzica finalmente bagnato, come volevano i campioni del globo, che così non potranno più lamentarsi, a commuovere sono stati gli irlandesi, l’armata di Trapattoni, che hanno corso e lottato disperatamente fino all’ultimo secondo, piegati nel gioco, non nella voglia di battersi. E ancora più commovente è stato lo spettacolo dei 25.000 tifosi, in maglia verde, che hanno invaso lo stadio di Danzica, mettendo gli spagnoli in posizione di netta inferiorità. Hanno cantato per tutta la partita, ma soprattutto negli ultimi dieci minuti, quando tutto era ormai perduto.
COMANDANTE TRAP - In Italia avrebbero fischiato, insultato i giocatori, avrebbero buttato i seggiolini in campo, si sarebbero messi a urlare. Qui è stato uno spettacolo di civiltà di fronte a tutta l’Europa, in una manifestazione dove si cominciano a vedere troppa violenza fra i tifosi al seguito, e non solo in Polonia-Russia. Non ha mollato di un centimetro nemmeno Trapattoni: in piedi davanti alla panchina fino all’ultimo secondo, sotto la pioggia, fradicio d’acqua, come il suo vice, Tardelli. Un comandante vero. Una scena da ricordare. E da far vedere.
Italia stanca e nei guai -
POZNAN - Eliminazione sull’uscio di casa? Quasi. L’Italia dura un tempo, nel quale va in vantaggio su gioiello di Pirlo, crea parecchio e sciupa di più (soprattutto per il difetto di mira di Balotelli). Poi la Croazia dei giganti ci mette sotto, capitalizza uno svarione di Chiellini, merita il pareggio e ci inguaia, costringendoci al secondo 1-1 di fila. E sempre subendo la rimonta. Per qualificarci è obbligatorio battere l’Irlanda del Trap e sperare poi nella classifica avulsa. Pessima situazione. Anche se per Prandelli «l'Italia c'è e lotteremo fino alla fine».
BALOTELLI DALL’INIZIO - Per piegare la Croazia, imbattuta nei confronti con gli azzurri, il ct conferma in toto la formazione che ha stupito al debutto con la Spagna. De Rossi libero con licenza di impostare, Bonucci e Chiellini a fare a sportellate con i brindelloni Mandzukic e Jelavic; centrocampo a cinque con Maggio e Giaccherini esterni, più Pirlo a smistare palloni. In avanti Totò Di Natale parte dalla panchina e viene ridata fiducia al duo dai soprannomi iperbolici, Supermario e FantAntonio. Al secolo Balotelli e Cassano.
PRIMO TEMPO DOMINATO - Sul fronte avversario, Bilic punta tutto sul doppio centravanti, spinta sulle ali, corsa e intensità. Con spavalderia, almeno nelle intenzioni. Ma gli azzurri non ci impiegano molto a raffreddare gli entusiasmi croati. È sulla corsia di sinistra che spingiamo da subito come treni. Giaccherini si spolmona e si sacrifica. E al 3’ serve una palla d’oro a Balotelli. Ottimo il suo controllo, bella la girata di sinistro da dentro l’area con la palla che esce di un metro, anche meno. È un bel avvio. Al 11’ invenzione di Cassano per SuperMario che stoppa bene ma cincischia al momento del tiro (remember Casillas?) e sulla respinta la legnata di Marchisio sfiora l’incrocio. La premiata ditta Cassano-Balotelli viaggia a mille. E sforna un’altra palla gol al 16’ quando Mario spara un destro che Pletikosa salva con i pugni.
PIRLO, DIECI GOL - L’unico a ribellarsi al dominio azzurro è il biondino Strinic. Uno stantuffo a sinistra che salta con frequenza Maggio e crossa palloni in quantità industriale. Ma predica nel deserto. Il bomber «Mandzo» Mandzukic ha un’elevazione da cestista e i tempi di inserimento di un bradipo, il piccolo e ossuto Modric è al minimo sindacale. In compenso la difesa a scacchi è un groviera nel quale Cassano (34’, destro strozzato) e Marchisio (37’) si infilano altre due volte. Il muro di Pletikosa barcolla ma non crolla. A dare la martellata finale ci pensa Pirlo (quello che è «meno bravo» di Modric) e stavolta il portierone, partito in ritardo sulla punizione dello juventino, combina una mezza figuraccia sul palo di competenza. Un regalo meritato. Per Andrea è la cifra tonda: dieci gol in nazionale. Prandelli in panchina fa calma con le mani. Come se avesse previsto tutto.
LA RIPRESA E LA STAFFETTA – Gli spogliatoi riconsegnano infatti un’Italia un po’ rattrappita, col braccino da tennista. Anche perché Modric esce dal letargo nel quale era piombato e riveste i panni del genietto ambito da mezza Europa. Così come era successo quattro giorni prima con la Spagna, l’Italia del bel gioco e del palleggio si squaglia col passare dei minuti. Cassano ha le pile scariche e allora Prandelli corre ai ripari, senza rinunciare alla sua mission. Fuori Thiago Motta (ammonito) e dentro Montolivo, altro facitore di gioco. Sul tabellino finisce anche un bolide di Balotelli al 61’ alto sulla traversa. Prologo al cambio, straprevisto, tra lo stesso Balotelli e Di Natale.
ERRORE CHIELLINI – La Croazia ha qualcosa in più. In una parola: la corsa. E al 71’ arriva, puntuale, il patatrac. Cross dalla sinistra del solito Strinic, Chiellini si perde Mandzukic che a due passi da Buffon lo fulmina con il destro. Per Mandzo è il terzo gol del torneo. Per Giorgione un errore grave. I tifosi croati, fin lì fattisi notare per i lanci di fumogeni in campo e i fischi all’inno di Mameli, riprendono a far baccano. Negli ultimi scampoli di partita Prandelli getta nella mischia Giovinco, subentrato a un esausto Cassano. Già FantAntonio, simbolo di una nazionale volonterosa ma senza fiato. E che ora rischia grosso. - Luca Gelmini - corriere.it
Super Germania, Olanda ko
KHARKIV (Ucraina) - Finisce 2-1 a Kharkiv: grande prova della favorita del torneo, che va sul 2-0 con la doppietta del centravanti del Bayern. Nella ripresa Van Persie prova a riaprirla, ma Neuer non rischia nulla nel finale. Tedeschi vicinissimi ai quarti, ancora una speranza per gli olandesi.
Tanta qualità in campo. Sprecata e fine a sé stessa quella dell'Olanda, al servizio di un'organizzazione e di un collettivo pazzeschi quella della Germania. Con queste premesse non può che finire con la vittoria dei tedeschi, a un passo dalla qualificazione dopo il 2-1 alla nazionale di Van Marwijk. Un punteggio che va stretto a Low, anche se il calo fisico del finale ci offre una dimensione meno stellare della favorita del torneo, che ha avuto il torto di non chiudere la partita, complicandosi la vita nel finale, anche se più nella forma che nella sostanza
IMPRESSIONANTE — Sono in molti ad aver indicato la Gernmania come la squadra da battere a Euro 2012. Questa squadra ha la solidità tipica delle rappresentative tedesche, da sempre solide, ben preparate atleticamente e tatticamente attente. Questo nuovo corso però, già iniziato a Sudafrica 2010, ha una qualità con pochi precedenti. Una squadra giovanissima: stasera hanno giocato un 1983 (Lahm), un 1984 (Schweinsteiger). Tutti gli altri sono nati dal 1985 in poi. Con l'Olanda ci limitiamo a segnalare l'asse centrale Hummels-Ozil-Gomez, ovvero stopper, trequartista e centravanti. Il difensore del Borussia Dortmund, da applausi quando avvia l'azione da dietro, è inseguito dal Barcellona e a 23 anni è già un leader. Ozil migliora a ogni partita, sia col Real che in Nazionale, Gomez è il centravanti che tutti vorrebbero: forte fisicamente, non sbaglia un movimento da punta unica e ha in testa solo la porta.
POCA STORIA — L'Olanda ci ha provato per 10', in cui è sembrata ben messa in campo. Un fuoco di paglia. A sinistra Willems, il più giovane del torneo, soffre Mueller. I centrali Mathjsen e Heitinga non sono insuperbaili. La squadra è apparsa anche slegata, con l'appannato Van Persie spesso isolato, Afellay inutile, Robben e Sneijder a sprazzi.
KILLER — Dopo il palo in avvio di Ozil con un gran sinistro al volo, la Germania passa al 24'. Schweinsteiger ha il tempo di controllare a alzare la testa sulla trequarti, imbucata per Mario Gomez. Mathjsen e Bouma sono troppo larghi e Supermario segna dopo un gran controllo. Il raddoppio, meritato, arriva dopo che Stekelenburg ha evitato un gol di Badstuber: la combinazione è ancora tra Schweinsteiger e Gomez, con l'attaccante del Bayern che incrocia un gran destro.
CAMBI E CALO — Van Marwijk nella ripresa riparte con Huntelaar e Van der Vaart per Afellay e un mediocre Van Bommel. Il modulo è un 4-1-4-1 con De Jong davanti alla difesa e Van der Vaart centrale con Sneijder. La Germania, fallito il 3-0 con Hummels, commette l'errore di rilassarsi e, dopo un paio di iniziative di Robben, Van Persie dà finalmente un segno della sua classe. RVP salta Hummels per la prima volta, Badstuber gli va incontro tardi e il sogno della Juve segna col gran destro.
ORGOGLIO TARDIVO — L'Olanda insiste, più con l'orgoglio che con le idee. E Neuer non deve compiere nessuna parata. Gli arancioni non sono ancora fuori: se battono il Portogallo e la Germania batte la Danimarca, ci sarebbe il mucchione e a 3 punti. Con la classifica avulsa pari, scatterebbero i calcoli legati alla differenza reti. Il secondo tempo può essere la base su cui provare a costruire l'impresa, anche se i limiti struturali restano. Nemmeno la Germania è qualificata, ma pensare che rischi qualcosa è pura utopia. - Jacopo Gerna - twitter@jgerna77 - gazzetta.it
Portogallo in extremis -
LVIV – Se il leader non c’è, salvati coi giocatori normali: il Portogallo vince una partita bella e pazza grazie ai gol di Pepe, Postiga e - dopo che la Danimarca aveva clamorosamente rimontato fino al 2-2 con Bendtner - con Silvestre Varela, attaccante del Porto buttato dentro per disperazione da Bento quando tutto sembrava perduto. A conti fatti una vittoria giusta, perché la Danimarca ha vissuto solo su un paio di episodi e, con una difesa fragilissima, ha dato agli avversari troppe chance. Resta però, affatto marginale, la pessima prestazione di Ronaldo che, sul 2- 1 a inizio ripresa, ha fallito due incredibili palle gol per chiudere il match, beccandosi fischi come forse mai gli era accaduto prima. Fortuna sua che i compagni hanno rimediato, ma da un laeder ci si aspetta altro che lisci da oratorio, inutile nervosismo e scarso spirito cooperativo con la squadra. Con l’Olanda, gara decisiva per decidere la qualificazione, avrà l’ultima chance per rifarsi.
STUDIO - Morten Olsen e Bento confermano le formazioni della prima partita: 4-4-1-1 per la Danimarca, con Eriksen flottante fra la mediana e Bendtner; 4-3-3 per il Portogallo che però alza il baricentro di una decina di metri rispetto alla gara con la Germania. Si gioca a ritmo lento, il Portogallo tiene più palla, la Danimarca aspetta l’attimo per ripartire. Al 16’ Zimling (problema al polpaccio) lascia il campo a J.Poulsen, poco dopo entra in scena Ronaldo: prima ha una buona palla dal limite ma calcia male e fuori, poi spedisce in tribuna una punizione da sinistra.
UNO-DUE - La Danimarca non riesce a prendere ritmo e il Portogallo la punisce con merito al 24’: corner di Moutinho da sinistra, Pepe è bravissimo a bruciare sullo scatto Agger e andare a colpire in anticipo sul primo palo. Dodici minuti e il Portogallo raddoppia: Simon Poulsen (molto negativo) rinvia di testa a casaccio sui piedi di Nani che da destra avanza e mette al centro rasoterra teso per Postiga il quale è bravissimo ad anticipare Kiaer con un perfetto destro forte.
REAZIONE - La Danimarca sembra al tappeto ma al 41’, inaspettatamente, accorcia le distanze: su cross dalla trequarti di Jacob Poulsen, la difesa portoghese sale per fare il fuorigioco, la palla finisce quasi sul fondo a Khron-Dehli che di testa serve Bendtner il quale, da un metro, appoggia a porta vuota il suo quinto gol nelle ultime cinque partite con il Portogallo. Bento protesta e in effetti, al momento del cross di Poulsen, il centravanti dell’Arsenal era al di là di tutti.nvitando a non paragonare già questa squadra a quella che vinse l'Europeo nel 1992, vola basso: «Con l'Olanda abbiamo giocato bene ma sappiamo che abbiamo avuto anche fortuna. Servirà giocare con grande attenzione. Non siamo certo noi i favoriti». L'obiettivo è ripetersi per arrivare all'ultima partita con la Germania senza troppa pressione. Visto come stanno Ronaldo e soci, una missione possibile.
ERRORI – A inizio ripresa Ronaldo, lanciato da Nani e favorito dall’ennesimo buco difensivo danese, ha la palla per chiudere il match ma, solo davanti a Andersen, sbaglia incredibilmente con un diagonale fiacco che il portiere para in tuffo. La Danimarca perde Rommedahl (stiramento) e inserisce Mikkelsen che con un paio di guizzi sulla destra mette in difficoltà Coentrao, spesso in inferiorità numerica considerata la mancanza di aiuto di Ronaldo, ormai emancipatosi dalla fase difensiva. Sono fasi confuse, dominate dalla stanchezza: Bento inserisce il giovane Oliveira per Postiga, la Danimarca conserva il 60 per cento di possesso palla ma sbatte contro il muro di Pepe e Alves e la vera grande occasione è con un super tiro da 20 metri di Kvist che sibila vicino al palo di Rui Patricio.
THRILLING – Al 32’ Ronaldo ha la seconda palla per chiudere il match e la sbaglia ancor più clamorosamente: Nani lo mette davanti ad Andersen, basterebbe appoggiare o, trattandosi di CR7, scartare il portiere in scioltezza, invece tira clamorosamente fuori, prendendosi i fischi di tutto lo stadio. La punizione arriva implacabile tre minuti dopo: Jacobsen, come sempre libero sul lato sinistro portoghese, crossa al centro, Pepe salta a vuoto e Bendtner, ancora lui, segna di testa il 2-2. Per fortuna del Portogallo c’è Varela: entrato al 39’ per Meireles, l’attaccante del Porto, curato malissimo dal disastroso Simon Poulsen, inventa il gol della vita su cross di Coentrao. E il Portogallo resta a galla. - Alessandro Pasini - corriere.it
"Kuba" risolleva la Polonia -
Decidono i capitani, nel bene e nel male. Siamo al minuto 55 di Polonia-Russia, Arshavin conduce il contropiede che potrebbe raddoppiare il vantaggio della sua nazionale e far calare il gelo su Varsavia. Invece sbaglia malamente l'assist e il capitano avversario, Blaszczykowski, presenta il conto pochi istanti più tardi col bolide dell'1-1. Finisce in parità il big match del gruppo A dell'Europeo: dopo le tensioni e i disordini tra tifosi nelle ore che hanno preceduto il match, il pareggio potrà contribuire (si spera) a non accendere troppo gli animi nella notte della capitale.
LEWANDOWSKI SOLO — Per ragioni di classifica e per obblighi ambientali, ad adottare un atteggiamento più aggressivo dovrebbe essere la Polonia. Ma Smuda, evidentemente, considera i palleggiatori russi di livello superiore ai suoi e accetta che siano gli avversari a fare la partita, puntando tutto sulla velocità nei ribaltamenti di fronte, dopo aver conquistato il pallone. E così il povero Lewandowski deve inventarsi un sinistro al volo da applausi per farsi vedere dalle parti di Malafeev, perché il supporto che gli arriva da Blaszczykowski e Obraniak è quasi nullo fino all'intervallo: l'ala del Borussia Dortmund è contenuta da Zhirkov, la mezzapunta del Bordeaux si infrange contro Ignasevich e Berezutski.
LAMPO DI DZAGOEV — L'unico pericolo dei primi 45 minuti i russi lo corrono in avvio di gara, quando Boenisch e Perquis avanzano e colpiscono di testa in rapida successione, costringendo Malafeev a sporcarsi la divisa. Da lì in poi, però, Denisov, Shirokov e Zyryanov diventano padroni del centrocampo, Anyukov e Zhirkov si sistemano in pianta stabile ai lati della metà campo avversaria e gli attaccanti della Russia usano le loro armi per spaventare Tyton. Kerzhakov lo fa con un dinamismo inesauribile, seppure poco lucido; Arshavin batte tutti i calci da fermo e prova a tagliare la difesa polacca con suggerimenti rasoterra filtranti; Dzagoev cerca la posizione per mezz'ora, o forse aspetta l'attimo buono per piazzare la zampata. E proprio il genietto classe '90 del Cska Mosca colpisce al 37', sfiorando con la spalla una punizione di Arshavin: 1-0 e terzo gol per lui in questo Europeo.
"KUBA", CHE NUMERO — La ripresa comincia come era finito il primo tempo: Polonia arruffona e Russia in controllo delle operazioni. Ma quando Arshavin dovrebbe confezionare il passaggio del k.o., combina invece il pasticcio che costa caro alla sua squadra, perché Blaszczykowski punisce il suo errore dall'altra parte con un numero d'alta classe: "Kuba" si vendica di Zhirkov, tagliandolo fuori con il controllo insieme a Ignashevich, per liberare un sinistro potentissimo e vincente. L'1-1 rivitalizza i polacchi, Advocaat se ne accorge e decide di ridisegnare il suo attacco: fuori Kerzhakov e Dzagoev, dentro Pavlyuchenko e Izmailov.
PARI ACCETTABILE — Spinta dal pubblico di Varsavia e da un Blaszczykowski che sale di colpi minuto dopo minuto, la nazionale di Smuda inizia a credere nel colpaccio e nel finale mette un po' alle corde la Russia, che perde lucidità nei passaggi man mano che la stanchezza aumenta. Il pareggio, però, dà alla Polonia la certezza di essere padrona del suo destino nella gara conclusiva del girone, dunque non è risultato da buttar via con iniziative scriteriate nel finale. Così nessuno prende rischi eccessivi e si arriva al triplice fischio di Stark senza ulteriori sussulti: finisce 1-1 e i verdetti sono tutti rimandati a sabato 16 giugno. Tutti in fila indiana all'ultimo chilometro: Russia 4, Repubblica Ceca 3, Polonia 2, Grecia 1. - Stefano Cantalupi - gazzetta.it
La Repubblica ceca vince senza troppa fatica -
WROCLAW – La Grecia crolla in cinque minuti, gioca sotto choc, poi si riprende. Segna due gol, ma uno viene annullato e l’altro è tutta opera del grande Cech. E ora, dopo la sconfitta (2-1) contro la Repubblica ceca, la nazionale di Fernando Santos ha un piede abbondante fuori dall’Europa del calcio. Chi vuol trovare metafore con la situazione politico-economica può sbizzarrirsi. Ma come contro la Polonia (rigore sbagliato da Karagounis con la squadra in 10) la Grecia deve prendersela soprattutto con se stessa.
FURIA CECA – Certo, la partenza dei cechi è fortissima. Dopo il 4-1 con la Russia nella prima partita, la squadra di Bilek gioca con lo spirito giusto e una variazione fondamentale: Jiracek fa l’esterno destro d’attacco nel 4-2-3-1 e si rivela decisivo per affondare la barchetta greca. Dopo poco più di due minuti il capellone del Wolfsburg viene servito da Hubschmann, brucia sul tempo Holebas e batte Chalkias. Al 5’ minuto e 20’’ è ancora Jiracek a far partire l’azione sulla destra. Cross di Gebre, Chalkias sfiora, Torossidis e Katzouranis si fanno beffare sottoporta dal piccolo Pilar, che devia in gol (il secondo dopo quello ai russi).
ORGOGLIO HELLAS – La Grecia accusa chiaramente il doppio cazzotto. Santos mette Maniatis fisso davanti alla difesa per tamponare l’emorragia sulle verticalizzazioni dei cechi. La mossa funziona abbastanza, ma la Grecia non ha nemmeno fortuna. Il portiere Chalkias, nonno dell’Europeo coi suoi 38 anni, si fa male ed esce. E prima dell’intervallo un gol di testa di Fotakis viene annullato per fuorigioco, che però non c’è. I cinquemila tifosi greci presenti ci credono lo stesso. Il coro Hellàs-Hellàs riempie lo stadio e il gol della speranza arriva all’8’ della ripresa: Samaras butta in mezzo un cross bruttissimo. Cech, ostacolato dal suo compagno Sivok perde la palla, Gekas ringrazia e segna a porta vuota.
LOTTA FINALE – La Repubblica ceca però resiste (senza neanche diventare matta), si riscatta e può puntare al secondo posto nel girone che incrocerà quello della Germania. Per la Grecia mai una buona notizia: ci sono cose più importanti del calcio a cui pensare, ma è chiaro che ad Atene, dove domenica ci sono le elezioni, speravano di regalarsi qualche attimo di gioia con la nazionale, capace di vincere l’Europeo nel 2004. Quei tempi sono molto lontani. Per la Grecia resta solo qualche piccola speranza. - Paolo Tomaselli - corriere.it
La grande notte di Sheva -
KIEV – La notte di Sheva. Il mito ucraino, uno dei più grandi attaccanti degli ultimi 15 anni, si spolvera dalle spalle e dalla schiena malandata i suoi 35 anni e gioca una delle più incredibili partite della sua carriera. Due gol in 7 minuti, dopo quello del vantaggio svedese di Ibrahimovic a inizio ripresa, per ribadire che un conto è essere campioni, al limite fenomeni, un altro è vivere nella leggenda. Andry in carriera ha vinto tutto: campionati, Champions, Pallone d’oro. Non doveva più dimostrare niente. Il gol decisivo del 2-1 stasera (il 48° in 109 partite in nazionale), proprio in faccia a Ibra che avrebbe dovuto marcarlo, ha però un valore simbolico non da poco, anche se certamente Zlatan ha intorno una squadra più debole di quella di Andriy. L’Ucraina, sostenuta ieri da 60mila spettatori in delirio, adesso comanda il girone D e, se continuerà a giocare così può sperare nella qualificazione. Per la Svezia invece la strada appare decisamente in salita, quasi impossibile.
SHEVA TITOLARE – Blokhin decide di schierare il monumento: Shevchenko gioca in coppia con Voronin in un 4-1-3-2 con Tymoshchuk davanti alla difesa a raddoppiare su Ibra. Di là Zlatan gioca un po’ più indietro di Rosenberg davanti a due linee da quattro. L’inizio è caotico, il rumore dello stadio confonde le idee soprattutto ai locali. La Svezia osserva e studia, Ibra appare al 17’: cross da sinistra, Pyatov respinge male sui piedi di Larsson che non ha il tempo di organizzare niente. Sei minuti dopo è il turno di Sheva, che riceve una palla gol monumentale da Yarmolenko ma spreca clamorosamente in diagonale. Succede poco, anzi niente. Poi all’improvviso la partita si accende. Al 38’ seconda chance ucraina ma Sheva viene fermato da Mellberg e poi Yarmolenko trova l’opposizione acrobatica del genoano Granqvist. Ribaltamento di campo e Ibra colpisce il palo esterno di testa su cross di Elm. Nuovo ribaltamento e Konoplyanka tenta in semirovesciata il gol della vita ma manda in curva. Quasi quasi c’è da eccitarsi, peccato che arrivi l’intervallo.
SHEVA SHOW – La pausa non spegne il match. Anzi. Dopo 7’ la Svezia passa. Su cross da destra Yarmolenko respinge corto sui piedi di Kallstrom: il centrocampista ha il tempo di passare al centro dove Ibrahimovic anticipa di esterno Mikhalik. Bellissimo, ma dura un attimo. Al 10’ Sheva, proprio lui, si rifà dell’errore del primo tempo e replica con uno splendido stacco di testa in anticipo su Mellberg su cross di Yarmolenko, anche lui bravo a rifarsi. Lo stadio esplode, in delirio per il vecchio campione. Ma è solo il prologo: sei minuti dopo, su corner di Selin, Sheva aggira proprio Ibra in marcatura e lo anticpa sul primo palo con un colpo di testa superbo: 2-1 per l’Ucraina. Ibra prova rabbiosamente a reagire con un tiro da fuori al 31’, ma Pyatov para. Sheva si permette la passerella finale a 9’ dalla fine con tutto l’Olimpico di Kiev in piedi, giustamente adorante, e Elmander e Mellberg al 90' e al 93' mandano clamorosamente alto il pallone del 2-2. Poteva starci, ma stanotte doveva andare così. SHeva lo aveva deciso. - Alessandro Pasini - corriere.it
Tattica e timori frenano Francia e Inghilterra
DONETSK (UCRAINA) - Tutti contenti, alla fine, soprattutto di essersi liberati del caldo e dei moschini, veri padroni della Donbass Arena di Donestsk, la città più estrema dell’Europeo polacco-ucraino. Miniere e pallone. Francia e Inghilterra, come due nobili decadute, si affrontano con quello che hanno e quello che possono, gli abiti lisi ma enorme dignità. Il pareggio è una logica conseguenza della qualità attuale delle due squadre. La Francia ha più tecnica e giocatori in grado di esibirla; l’Inghilterra più solidità tra difesa e centrocampo e un vuoto in attacco, come sempre, quello che, da almeno sei anni è capace di riempire solo Wayne Rooney, squalificato ancora per un turno a causa delle due giornate rimediate nell’ultima partita del girone di qualificazione.
NIENTE SPETTACOLO - Partita impacchettata nel primo tempo: gol di Joleon Lescott difensore del Manchester City dall’improbabile taglio di capelli che, però, non gli ha impedito di realizzare di testa su punizione di Gerrard. Pareggio di Samir Nasri, suo compagno di squadra, che ha sorpreso Joe Hart. Tutti della squadra di Roberto Mancini che sarà contento (portiere a parte) della vitalità dei suoi uomini. Tutto nei primi 45’ comprese una palla precisa e profonda di Young per Milner che supera Lloris ma non riesce concludere in porta e una zuccata di Diarra che Joe Hart respinge d’istinto. Poi il crollo delle emozioni e delle sensazioni. La ripresa non offre un grande spettacolo, anche per l’evidente calo fisico dei contendenti. Alle 20.45 a Donetsk sarà diverso, all’imbrunire scende un po’ di fresco, come tradizione, nella steppa. Alla fine tutti contenti e soddisfatti. Roy Hodgson spera che la quaresima di Rooney finisca presto. Nell’Inghilterra non c’è nessuno in grado di segnare. Laurent Blanc si augura che i suoi talentuosi giocatori diventino un po’ più concreti. Specialmente Benzema che nel Real Madrid, quest’anno, è stato spettacolare. Roberto Perrone - corriere.it
Italia-Spagna: azzurri col cuore, finisce 1-1
DANZICA - Com’è quella vecchia storia che gli italiani, quando sono spalle al muro, sanno tirare fuori il meglio? Bene, è successo di nuovo. A Danzica, in riva al Baltico, nella partita dal pronostico già scritto, la nazionale di Cesare Prandelli blocca la SuperSpagna. Altro che pisolino (slang da ct), gli azzurri suonano la sveglia per larghi tratti del match al dream team di Del Bosque. Poi, è vero, finiscono con il fiatone e rischiano di crollare sotto i colpi di uno scatenato Torres, ma reggono benissimo l’urto della squadra campione di tutto. E se Balotelli, arruffone e nervoso, si fosse finalmente sbloccato saremmo forse qui a parlare di un esordio all’Europeo da tre punti.
PIANO TATTICO – In difesa la nazionale schiera il terzetto, novità mai provata in partite ufficiali, con il «collante» De Rossi scortato da Bonucci e Chiellini. Esterni Maggio e Giaccherini, titolare alla prima in azzurro. Nella trincea mediana il fosforo è di competenza di Pirlo, i muscoli sono quelli dell’oriundo Thiago Motta e del principino bianconero Marchisio.
SORPRESA FABREGAS - Sfida tattica e zeppa di centrocampisti. Anche perché senza il cecchino Villa (autore di 5 degli 8 gol in Sudafrica), Del Bosque stupisce piazzando davanti Fabregas e zero punte. Con Torres retrocesso in panchina. Morale: in mezzo al campo si circola come nelle giornate d’agosto lungo la via del mare. Congestionatissimo, da bollino nero. Del piano tattico pirandelliano si sa già tutto. In tre parole: imporsi senza sbilanciarsi. Difesa alta, mai buttare via il pallone, attaccanti intercambiali. E in effetti, senza prime vere punte né da una parte né dall’altra, non sfiguriamo giocandocela sulla tecnica contro i maghetti del fraseggio. Certo non ci fosse un monumentale De Rossi, che blocca tutto nell’inedito ruolo di libero, sarebbe un inizio in salita. Poi però gira il vento. Fa da spartiacque la punizione al 13’ di Pirlo che Casillas respinge a lato. Non è un lampo ma il segnale che l’Italia tiene palla con una certa personalità. E le occasioni da gol arrivano in serie. Cassano va vicino due volte al vantaggio: diagonale al 22’ fuori di un metro e al 34’ destro preciso che Casillas respinge a fatica. Al 36’ poi la volée di sinistro di Marchisio. La Roja va a sprazzi e incide poco: nel tabellino si segnala al 44’il pallonetto alto di Iniesta su Buffon in uscita: prima e unica vera occasione degli uomini in rosso. Un minuto dopo, al 45’ l’incornata da due passi di Thiago Motta respinta dal solito Casillas stabilisce, se ce ne fosse bisogno, la supremazia azzurra del primo tempo.
PERICOLO TORRES - Pronti via, la Spagna a caccia del Triplete (dopo l’Europeo 2008 e il Mondiale 2010) cambia marcia nella ripresa e i fendenti da fuori di Fabregas e Xavi mettono i brividi. Poi la svolta, che coincide con l’uscita dal campo di Balotelli. SuperMario, tra errori e falli, finisce di diritto nel girone dei peggiori. Nei primi minuti un erroraccio in disimpegno che spiana la strada al contropiede di Silva. Poi il primo giallo del torneo per un intervento su Alba. Sul tiro di Cassano del 34’ Mario si lamenta per un tocchetto da dietro di Piqué e potrebbe starci anche il rigore. Ma è imperdonabile l’esitazione del 53’ quando solo davanti a Casillas non sa bene se passare o tirare e si impappina facendosi recuperare dalla difesa avversaria. «Doveva fare solo una cosa: darla a Cassano», ha sentenziato poi Prandelli in conferenza stampa. La sostituzione con Di Natale è la naturale conseguenza di una partita giocata un po’ senza testa. Fuori lui, il match improvvisamente decolla.
I GOL E IL FIATONE AZZURRO - Tutto in attimo, tutto in tre minuti. Al 61’ vantaggio azzurro con Di Natale (destro piazzato all’angolino) su assist al bacio di Pirlo, quindi il sinistro chirurgico di Fabregas al 64’su invenzione di Silva. Prandelli finisce davanti con la coppia tascabile Di Natale-Giovinco (quest’ultimo subentrato a uno stanco Cassano). Del Bosque inserisce Navas e Torres. Il biondino del Chelsea ha per due volte la palla della vittoria: al 75’ viene bloccato dall’uscita di piede, da stopper consumato, di Buffon. Dieci minuti più tardi scappa sul filo del fuorigioco e tenta il cucchiaio senza accorgersi di Navas solissimo in area. Meglio così. - Luca Germini - corriere.it
La Croazia piega l'Irlanda di nonno Trap
POZNAN – La missione di nonno Trap adesso diventa davvero impossibile. E la Croazia si conferma una brutta bestia per l’Italia. Sotto il diluvio di Poznan piovono errori, gol e certezze: l’Irlanda (che comunque non perdeva da 14 partite) è una squadra modesta, va subito sotto, ma ci mette il cuore e pareggia una prima volta. La Croazia ha molta più qualità, attaccanti emergenti e spietati che prima capitalizzano una svirgolata difensiva dei verdi e poi uno sfortunato rimpallo di testa del portiere Given, già goffo sull’1-0.
CUORE E SFORTUNA – Trap, che tornava dopo 8 anni all’Europeo diventando il tecnico più anziano di sempre a 73 anni e 85 giorni, sacramenta in mondovisione. Fischia, si sgola, si prende l’acqua senza cappello (Bilic ha la cuffia) e le prova tutte. Ma il cuore di una squadra molto compatta anche se povera tecnicamente non basta: l’Irlanda è anche sfortunata e sul 3-1 (fallo su Keane) reclama giustamente anche un rigore.
PALLINO CROATO – Ma la Croazia legittima la vittoria fin da subito: il possente Mandzukic (del Wolfsburg) colpisce di testa controtempo e inganna Given che ci arriva in ritardo. Dopo 3’ i ragazzi in verde devono già inseguire, ma spinti da un tifo magnifico, premono molto: una capocciata di St Ledger ristabilisce la parità. La Croazia si innervosisce ma ritrova presto il pallino del gioco. Given si riscatta su Perisic (classe 89, talento del Borussia Dortmund) ma poi non può fare molto su Jelavic: un rinvio storto di Ward libera l’attaccante dell’Everton davanti al portiere e il 2-1 è servito.
PERICOLO – Trapattoni entra in campo per abbozzare una protesta (non è fuorigioco perché l’assist è di uno dei suoi), ma più che altro cerca di caricare l’Irlanda: il colpo però è forte e a inizio ripresa un’altra capocciata di testa di Mandzkucic (ancora su palla di Perisic) colpisce il palo poi carambola sulla zucca di Given ed entra in porta. Adesso la Croazia, ispirata da Modric, con due attaccanti reduci da una stagione ricca di gol (ma con una difesa rivedibile che rischia spesso il 3-2) guarda Italia e Spagna dall’alto in basso: il truce Bilic ha tutta l’aria di volersela giocare alla pari. - Paolo Tomaselli - corriere.it
Germania, buona la prima (con fatica): sconfitto il Portogallo di Ronaldo
LVIV – La Germania è stata a lungo invischiata nella rete. Poi, quando ormai sembrava che come un grosso e ingenuo pescione fosse stata catturata dai furbi portoghesi, Supermario Gomez a 18’ dalla fine ci ha messo la testa e ha ristabilito i valori teorici della vigilia: la Germania batte 1-0 il Portogallo non tanto perché è più forte (questo non sempre basta), ma perché ha avuto la forza di ribellarsi al destino di una partita che gli avversari avevano indirizzato sui ritmi a loro lenti preferiti. Dopo la vittoria della Danimarca con l’Olanda era l’esordio migliore possibile per i tedeschi, che ora potranno affrontare gli Oranje con una certa tranquillità. Per Ronaldo e soci invece il torneo è già in salita e il prossimo match con la Danimarca è già decisivo.
SLOW FOOT - Low preferisce Hummels a Mertesacker in difesa, mentre in attacco opta per Gomez punta davanti al trio Muller-Ozil-Podolski. Bento replica con il previsto 4-3-3 in cui Ronaldo parte a sinistra. Il primo guizzo è tedesco, al 2’: cross di Boateng da destra, Gomez di testa, para Rui Patricio. Al 10’ ancora Germania: tiro di Podolski parato. Il ritmo è lento, c’è molto studio e poco rischio. I tedeschi tentano soprattutto la via dell’aggiramento appoggiandosi su Muller e Podolski, il Portogallo si compatta in un fazzoletto con Veloso mediano che fa quasi il quinto difensore e le ali Nani e Ronaldo che si abbassano ad aiutare per poi distendersi in un corale pressing alto che non disdegna il fallo: al 13’ porta Postiga, fin troppo esuberante, stende addirittura il portiere Neuer in scivolata. Ronaldo appare la prima volta al 18’: quintuplo passo che imbalsama Boateng e cross rasoterra al centro che genera un corner.
PALO PORTOGHESE - A questi ritmi da pennica a Ferragosto le stelle lasciano il posto ai gregari: da una parte, aspettando Ozil, Muller e Schweinsteiger, quelli più in partita sono Hummels e Khedira; dall’altra, mentre Ronaldo si dedica quasi solo alla fase difensiva, è decisivo il lavoro della cerniera mediana, con Moutinho e Meireles all’inseguimento di chiunque, ovunque. Nella noia, due sussulti arrivano sempre dai tedeschi: al 31’ una girata al volo alta di Podolski dalla zona dischetto e al 40’ Muller ciabatta fuori in diagonale dal limite. Tutto ciò ha il pregio di svegliare il Portogallo, che al 45’ spreca la chance più grande del primo tempo: peccato che la palla buona finisca fra i piedi di Pepe il quale, a colpo sicuro con porta quasi spalancata, colpisce l’incrocio interno dei pali, la palla sbatte sulla linea e esce. Pepe chiede il gol, che non c’è. Ma da lì, a porta quasi spalancata, bisognerebbe segnare e basta.
SUPERMARIO – Nella ripresa il copione non cambia. Il possesso palla della Germania si assesta sul 60 per cento, ma è lento, poco profondo, senza mai giocate che creino la superiorità. Ci prova Podolski al 12’ da sinistra (non bene Joao Pereira), ma Gomez manda alto di testa. Replica il Protogallo al 19’, ma l’assist al bacio di Meireles (che poco prima aveva mollato una gomitata a Badstuber) trova Ronaldo indeciso e un super Boateng fa il recupero della serata. Bento toglie l’inutile Postiga e lancia Oliveira. Di là Low è già pronto a mettere Klose e allora Gomez, sentendo che la sua ora sta arrivando, si ribella: su cross da destra di Khedira, Gomez, lasciato solo da Pepe in libera uscita, sale alto e la manda di testa dove Rui Patricio non può arrivare. E’ il 27’ e per il Portogallo c’è poco tempo per reagire: ci prova Ronaldo con un tiro da fuori, ma Neuer, pur goffo, devia in corner. Poi prova Coentrao, la difesa si salva come può. Nani colpisce la traversa per caso con un cross sbagliato. Soprattutto Varela ha fra i piedi il gol del pareggio al 43’ ma, solo davanti a Neuer, viene ipnotizzato dal portierone tedesco in uscita e gli tira addosso e poco dopo Boateng respinge un tiro di Nani. Mentre la Germania respira, la notte di Ronaldo è nero tenebra. - Alessandro Pasini - corriere.it
Passo falso olandese, la Danimarca vince e sogna
KHARKIV – La prima euro sorpresa arriva dallo stadio dei «metallisti» di Kharkiv: l’Olanda cade contro la Danimarca, si lamenta per un netto rigore non visto dall’arbitro sloveno Skomina nel finale (mano di Jacobsen che ferma Huntelaar) ma deve soprattutto guardare dentro di sé per cercare le cause del passo falso. Deludentissimo Van Persie, al minimo sindacale Robben, bolso Van Bommel. Sneijder, che ha festeggiato male il ventottesimo compleanno, è stato l’unico a provarci sempre e comunque, soprattutto nella ripresa. Ha seminato calcio che nessuno ha raccolto. La differenza di valori in campo era tale che l’Olanda ha avuto comunque tante occasioni per pareggiare. Le ha sprecate tutte.
PRUDENZA - La Danimarca ha giocato un calcio di opposizione, schierata con un prudente 4-4-1-1, ma non è mai stata passiva. Ha provato con le sue armi e una grande giornata del portiere Andersen, di Agger in difesa e di Zimling a centrocampo ha trasformato in tre punti una gara che sembrava senza scampo per la squadra vaso di coccio nel girone di ferro. Il gol decisivo l’ha segnato Krohn-Dehli, al 24’ del primo tempo, saltando come un birillo in area il maldestro Heitinga e infilando Stekelenburg con un tiro che non sembrava irresistibile e che è passato tra le gambe del portiere.
VIETATO SBAGLIARE - C’era ancora molto tempo per recuperare, ma l’Olanda non ha mai trovato la precisione sotto porta e la continuità nel gioco. E’ andata a fiammate e, sicuramente, l’idea di Van Marwijk di giocare con due centrali di centrocampo poco creativi (Van Bommel e De Jong), puntando tutto sui quattro attaccanti, non ha pagato. Ora l’Olanda non può più sbagliare, nelle due gare che restano contro Germania e Portogallo. La Danimarca, invece, può continuare a sognare: non vincerà l’Europeo, come ha fatto nel ’92, ma già qualificarsi per i quarti sarebbe un’impresa. - Luca Valdiserri - corriere.it
Polonia imbrigliata dalla Grecia
VARSAVIA - Il calcio di alto livello è un’altra storia, però Polonia-Grecia (1-1), che ha aperto Euro 2012, è stato almeno divertente. Niente a che vedere con la noiosissima gara inaugurale di quattro anni fa, quando la Repubblica Ceca aveva battuto la Svizzera a Basilea. Gli errori sono stati tantissimi, però a tener viva la gara sono stati i colpi di scena. La Polonia è andata in vantaggio quasi subito, con il suo talento più puro, Robert Lewandowski, campione di Germania con il Borussia Dortmund, in rete di testa davanti alla coppia Conte-Paratici, presenti allo stadio Nazionale di Varsavia (con il tetto chiuso), proprio per capire se l’attaccante che stanno monitorando da tempo, è da Juve.
LA RIPRESA CAMBIA TUTTO - Sembrava che la Polonia avesse la partita in mano, anche perché la Grecia a un minuto dal riposo si è ritrovata in dieci (espulsione fiscale dell’ex genoano e milanista Sokratis Papastathopoulos, ma le indicazioni sono chiare: tolleranza zero su tutto). Invece nella ripresa, la Polonia è scivolata fuori dalla partita: prima ha subito il gol del pareggio, su un erroraccio fra il portiere Szczesny e Wasilezski, con intervento di Salpigidis, partito in panchina e decisivo nel rimettere in gioco la Grecia. Davanti ad uno stadio incredulo, ma non silente, i polacchi hanno rischiato di andare sotto, quando Szczesny ha messo a terra proprio Salpingidis: cartellino rosso e rigore per i greci. Tyton, appena entrato in campo, ha respinto il tiraccio di Karagounis, il capitano (ex Inter), che avrebbe potuto fare meglio. Era metà ripresa e la Grecia, riconquistata la parità numerica, più che difendersi ha continuato ad attaccare, segnando anche il 2-1, annullato per un fuorigioco di centimetri di Fortounis. Della Polonia non si sono avute più notizie, a parte una conclusione laterale e un po’ sbilenca di Lewandowski.
DELUSIONE - Cinquantacinquemila polacchi sono tornati a casa delusi, ma otto anni fa, contro la Grecia, ai portoghesi padroni di casa era andata peggio: sconfitta per 1-2 a Porto. Per ora bisogna accontentarsi, ma una squadra che dura al massimo 45 minuti, come la Polonia, non ha un grande avvenire davanti. E martedì c’è la Russia, una sfida molto più che calcistica. A proposito di presa di distanza del calcio allo stadio dalla tv: la partita è stata trasmessa, con tanto di replay, sul grande schermo opposto alla tribuna centrale. Un trionfo. - F. Monti - corriere.it
Russia subito travolgente
WROCLAW - Il primo gioiellino in vetrina all’Europeo si chiama Alan Dzagoev, deve ancora compiere 22 anni ed ha steso la Repubblica Ceca con due gol nei momenti chiave di una vittoria (4-1) mai in discussione: la Russia parte col botto e punta a un ruolo di outsider di lusso, dopo aver perso in semifinale con la Spagna quattro anni fa.
STELLA DI BESLAN - Dzagoev gioca nel Cska Mosca, ma è originario dell’Ossezia ed è cresciuto a Beslan: il giorno del 2004 in cui i terroristi assalirono una delle sette scuole della città, lui aveva quattordici anni ed era sui banchi di un istituto vicino. Dopo un quarto d’ora di dominio territoriale ceco, il talento russo (un numero 10 naturale, dirottato a destra nel 4-3-3 di Advocaat) fa prima partire l’azione, poi, dopo il cross di Zyryanov e il palo di Kerzhakov (colpo di testa) ribatte in rete e dà ragione in eurovisione al Real Madrid che già nel 2008 era sulle sue tracce.
MESSI CECO – Il 2-0 quasi immediato di Shirokov messo davanti a Cech da un’ispirato Arshavin, sembra chiudere in largo anticipo la sfida. Ma a inizio ripresa Jiracek trova il varco buono nel quale si inserisce Vaclav Pilar, 23enne del Viktoria Plzen: una buona prova contro il Barcellona in Champions League gli era valsa i complimenti di Guardiola e il soprannome di Messi ceco. Al di là dell’etichetta poco fantasiosa e molto controproducente, Pilar dopo il gol si dà una svegliata e rende difficile la vita ai russi. Kerzhakov (21 gol in 29 gare con lo Zenit) invece ha lasciato tutti i gol a Spalletti e qui sbaglia tutto.
PROVA DI FORZA - Ma nel momento più delicato ci pensa ancora lo scatenato Dzagoev con un potente tiro centrale e ravvicinato che non lascia scampo a Cech, comunque sottotono. Il 4-1 finale di Pavlyuchenko srotola il tappeto per i russi, nel gruppo più facile dell’Europeo. Chi esce dal girone di ferro (Germania, Olanda, Portogallo, Danimarca) sa già che potrà avere un quarto di finale altrettanto difficile. - Paolo Tomaselli - corriere.it