Novemila euro per vivere dieci mesi dove la criminalità è la più alta del Sud Africa, con una forte incidenza di Tbc, Aids, droga e alcolismo
  • Italtile
  • Wanda Bollo
  • Giuricich
Tuesday, 19th January 2023 

Novemila euro per vivere dieci mesi dove la criminalità è la più alta del Sud Africa, con una forte incidenza di Tbc, Aids, droga e alcolismo

Li pagano famiglie di ragazzi italiani che fanno esperienze interculturali. - Uno di loro pensava che tutto il Capo fosse come Strandfontein - Fortunatamente ha incontrato Manuela Grandi -

Spesso dall'Italia ci scrivono potenziali turisti o persone che vorrebbero o dovrebbero trasferirsi per lavoro e invariabilmente ci chiedono: "Ma è veramente così pericoloso vivere in Sud Africa?". Poi scopri che ci sono tante famiglie che mandano i loro ragazzi nei punti pericolosi del paese per un'esperienza di scambio di studenti senza neanche verificare dove vanno a finire.

Sono ragazzi della buona e alta borghesia italiana, con famiglie che possono investire fino a 9000 euro per un'esperienza interculturale in Sud Africa. Vengono a Città del Capo, ma non hanno un'idea precisa della realtà locale, e invece di finire a Sea Point o Newlands o Milnerton, si ritrovano in uno dei quartieri di Mitchell Plain o Langa, ospiti di una famiglia di sei, otto, dieci persone, in una casetta di trenta, quaranta, cinquanta metri quadrati, che solo con uno sforzo di buona volontà si può chiamare "casa", senza avere il minimo sospetto di trovarsi là dove secondo le statistiche di qualche giorno fa, la criminalità è la più alta di un paese che purtroppo è nei primi posti di questa indesiderabile graduatoria mondiale. E questo non è il fatto più grave, perché è ancora più grave e rischioso condividere quotidianamente gli spazi strettissimi di ambienti nei quali si registrano i massimi livelli di incidenza di malattie come la Tbc e Aids, per non parlare di droga e alcolismo. In confronto mandare ragazzi svizzeri a vivere per qualche mese a Scampia sarebbe come far fare loro una passeggiata ai fori romani.

Paolo, uno di quei ragazzi, ha scritto di suo pugno: "La mia prima famiglia non era sicuramente abile di accogliere exchange student, entrambi i genitori uscivano da una storia di alcolismo e mentre la madre sembrava esserne uscita completamente il padre aveva avuto continue ricadute di cui l'ultima quando io ero con loro". E poi "la casa, già occupata da 3 persone non era decisamente abbastanza grande per accogliere non uno ma addirittura 2 exchange student, le condizioni igieniche erano pessime, in 2 mesi di permanenza lì la nostra stanza non è mai stata pulita". E ancora: "I 2 mesi passati con loro sono stati terribili, la giornata tipica era: scuola al mattino, ritornati da scuola subito a letto, cena alle 7, lavare i piatti e poi di nuovo a letto... Il cibo in casa era molto scarso, solo nel primo mese ho speso 490 euro, di cui massimo 100 euro per spese come divisa scolastica, scheda telefonica e varie spese iniziali, il resto, ovvero 300 euro, in cibo". Diario dal purgatorio.

Vi immaginate un ragazzo o una ragazza italiana a contatto con coetanei sudafricani di queste zone, in una società in cui le gravidanze scolastiche intorno ai tredici, quattordici anni sono migliaia, avere rapporti sessuali non protetti, scambiarsi baci ed effusioni, inconsapevoli del fatto che in quegli ambienti le malattie più insidiose sono spesso l'unica eredità che i bambini ricevono dai genitori? Nelle periferie urbane che prendono il nome di Cape Flats e nelle quali vivono milioni di persone accatastate le une sulle altre l'incidenza della sindrome da alcolismo alla nascita è la più alta del mondo perché l'alcolismo fra gli adulti è una piaga sociale gravissima e ha come accompagnatori e scudieri tutti gli altri mali di cui questa condizione è causa primaria. E qui a maggior ragione, a causa della povertà, sono quasi la maggioranza le ragazze che offrono o quanto meno accettano sesso in cambio di ricariche telefoniche o altri favori. Tanto più perché un'eventuale gravidanza non le spaventa, visto che apre la porta a uno dei sedici milioni di sussidi sociali che il governo sudafricano si vanta di pagare ogni mese a categorie bisognose.

E in queste condizioni i ragazzi europei, cresciuti in ambienti lindi e sterili, in spazi abitativi che spesso potrebbero accogliere una decina di famiglie di Kayelitsha, sono assolutamente incapaci di difendersi e di proteggersi, anche perché è stato loro garantito che "le famiglie ospitanti sono state accuratamente selezionate e hanno dovuto superare severi controlli per verificarne l'idoneità all'accoglienza".

Quali controlli, se non sono neanche riusciti a stabilire che alcuni sobborghi di Mitchell Plain sono sconvolti da vere e proprie guerre fra bande di criminali che si contendono il controllo dello spaccio di droga. Spaccio che in prima battuta mira proprio ad acquisire come consumatori "sponsorizzati" proprio i bambini e i ragazzi delle scuole.

Che interculturalismo è questo? Quale cultura possono arrivare a conoscere questi ragazzi in ambienti in cui la cultura è un bene sconosciuto, che pochissimi si possono permettere?

Hanno visto questi ragazzi o le loro famiglie o gli organizzatori delle loro esperienze interculturali il Sunday Times della settimana scorsa con l'intera prima pagina occupata da fotografie di bambini e da un titolo enorme che gridava "Our Nation's Shame", la vergogna della nostra nazione? E si sono accorti che tante di quelle fotografie si riferivano a infanticidi avvenuti negli stessi ambienti in cui loro sono venuti a fare quest'esperienza di una vita? E hanno capito che quei bambini sono stati uccisi dopo essere stati violentati?

Certo, a Livigno o in altri lindi centri provinciali dell'Italia che può permettere ai propri figli queste esperienze è difficile immaginare la realtà che si cela dietro siti internet creati per proiettare l'immagine di famiglie serene e benestanti, di ambienti confortevoli, di bellezze turistiche e naturali senza paragoni. Cose tutte disponibili anche in Sud Africa, naturalmente, ma non nei Cape Flats, non dove il degrado sociale è quasi totale.

Certo, anche in questi ambienti si possono fare esperienze positive, conoscere persone ammirevoli e maturare come in nessun altro luogo. Ma quanti di questi ragazzi hanno la stoffa che serve per uscire indenni da ambienti nei quali è facile imbattersi in sparatorie e inciampare in un cadavere rimasto per strada?

Non è dato sapere quanti di questi ragazzi italiani siano tornati a casa segnati per il resto dei loro giorni da questa esperienza sudafricana. Sembra impossibile che tutti siano stati tanto fortunati da tornare a casa senza cicatrici, ma facciamo finta che sia così. E' anche un miracolo che finora le cronache non abbiano dovuto occuparsi di studenti italiani vittime della criminalità. Però è meglio che qualcuno in Italia si muova prima che questo accada.

Non è possibile pagare fino a 9000 euro per mandare un ragazzo o una ragazza nell'anticamera dell'inferno.

Una telefonata dall'Italia

La storia di Paolo è stata portata a galla da una telefonata dall'Italia. L'ha fatta l'avvocato Umberto Pillitteri, da amico della famiglia di Paolo, per chiedere a un'amica di Città del Capo di dare un'occhio al ragazzo, tanto per confermare che tutto era come promesso dall'organizzazione che lo aveva mandato in Sud Africa. Solo che l'amica è Manuela Grandi, una che da ragazza ha partecipato a un programma di scambio studenti e sa esattamente come lo fanno le organizzazioni serie e che, come dicono gli amici maschi, "ha le palle quadrate" e se deve fare una cosa va fino in fondo. Non ci ha messo molto a capire che la situazione del ragazzo era tutt'altro che rosea e ne ha subito avuto conferma da lui quando lo ha contattato. Dopo di che sugli organizzatori del soggiorno di studio si è scatenato un uragano.

In men che non si dica la responsabile del programma ha ricevuto un messaggio di Manuela che andava dritto alla sostanza del problema: "Un domanda sincera a lei, signora: è mai stata a Città del Capo? Città del Capo è un paradiso terrestre..... purtroppo Strandfontein e Mitchells Plein sono come le parti peggiori dell’Albania. Manderebbe lì i propi figli? Non credo! Credo che anche il Console e l'Ambasciatore italiani non sarebbero felici. Cordiali saluti". Risultato: l'organizzazione ha cambiato subito la famiglia presso la quale Paolo soggiornava e la scuola che stava frequentando. Palliativi, come si può immaginare, perché il giovane è rimasto comunque nella municipalità di Mitchell Plain, dove la criminalità è al massimo e il livello scolastico al minimo.

Quanto a Paolo, invitato più volte a casa di Manuela, portato al Waterfront, al Club Italiano, a un concerto all'Ambasciata d'Italia, finalmente ha scoperto che non tutto il Sud Africa è come Strandfontein e che le immagini del sito internet del programma si riferivano proprio a quest'altro Sudafrica.

La famiglia ospitante secondo il sito internet

Ecco quello che si legge nel sito degli organizzatori di questi scambi di studenti sotto la foto di una famiglia alla quale tutti vorrebbero appartenere (foto):

"Chi sceglie di aprire le porte della propria casa ad uno studente, per un periodo più o meno lungo, è indubbiamente speciale. Non è determinante la composizione della famiglia ospitante, ciò che conta è la voglia di condividere le attività, i piccoli momenti, la tua esperienza. Ti supporteranno come farebbe la tua famiglia, dandoti la possibilità di immergerti nella loro cultura e, al tempo stesso, imparando a conoscere la tua. Le famiglie ospitanti vengono selezionate dai partner all’estero, secondo i criteri stabiliti dai rispettivi governi. La selezione mira a capire le motivazioni e l’apertura della famiglia stessa. Incontreranno, nella propria casa, i rappresentanti locali dei nostri partner, seguiranno delle riunioni di orientamento e forniranno delle referenze. La famiglia ospiterà a titolo del tutto gratuito (ad eccezione di Spagna, Regno Unito e Irlanda) e ti accoglierà come un figlio. Si aspetterà pertanto da te un comportamento premuroso e flessibile. La storia di uno scambio culturale trascorso all’estero è, prima di tutto, la storia di una relazione costruita giorno dopo giorno, condividendo sia i momenti felici che le difficoltà. Gli Exchange Students e la famiglia non sono mai soli. Un ruolo fondamentale verrà svolto da un’altra figura volontaria, quella del rappresentante locale, che vi guiderà in questo incredibile percorso e che sarà quindi un punto di riferimento importante per entrambi".

Sappiamo già dalla lettera di Paolo le condizioni in cui è venuto a trovarsi.

Il Sud Africa secondo il sito internet

Così il sito descrive questo paese, sotto una foto del vecchio Waterfront, che però Paolo non ha mai visto finchè non ce lo ha portato Mauela Grandi.

"Varietà di panorami e intensità di colori rendono unico e magico questo Paese. Le grandi città, tra cui Città del Capo, le grandiose cascate, le lussureggianti foreste, le innumerevoli riserve, i parchi ricchi di specie animali e vegetali tra le più varie della Terra, ti lasceranno senza fiato. Per anni la nostra mente ha collegato il Sud Africa alle separazioni tra gruppi etnici ma oggi questa tendenza è stata rovesciata, a favore di una ricerca di valori e simboli comuni. Come studente vivrai con una famiglia accuratamente selezionata e frequenterai una scuola locale. La tua famiglia ospitante ti accoglierà calorosamente come un figlio e ti permetterà di conoscere, giorno per giorno, gli usi, i costumi e le abitudini del vivere locale. Le lingue ufficiali del Sud Africa sono 13, le più diffuse sono l’afrikaans e l’inglese. Le stagioni sono capovolte rispetto alle nostre, l’anno scolastico inizia a febbraio e termina a dicembre (ma non a Strandfontein, dove alunni e insegnanti hanno smesso di andare a scuola già da qualche settimana). Il sistema scolastico sudafricano, strutturato come quello britannico, prevede lo studio di 7/8 materie in un anno. La scuola osserva generalmente la settimana corta: lezioni dal lunedì al venerdì, sia al mattino che al pomeriggio; sabato e domenica a casa. Come in tutti i Paesi fortemente influenzati dalla cultura inglese, la maggior parte delle scuole richiede ai ragazzi di indossare la divisa".

La verità

La verità è che nessuno aveva spiegato a Paolo e ai suoi amici che il Sud Africa nel quale stavano andando è quello di questo studio sulla criminalità che chiunque può liberamente consultare su internet:

Crime stats: Where murder happens in South Africa -

by Lizette Lancaster

Despite a lot of people thinking that Johannesburg is the most dangerous metropolitan city to live in, in South Africa, the reality is quite different. Consider that between April 2011 and March 2012, police recorded more murders in Cape Town than in Johannesburg and Pretoria combined. This means that taking population into account, Cape Town residents are almost twice (1.8 times) more likely to be murdered than Johannesburg residents.

Yet this information is potentially misleading because the likelihood of being a victim of crime depends in large part on race, gender, age, economic profile and whereabouts in a city a person lives. For example, almost two-thirds of the Cape Town murders took place in just 10 of the 60 police station precincts in the city, according to an analysis of crime hotspots we carried out at the Institute for Security Studies (ISS).

For years, Mitchell's Plain experienced the highest violence and property crime rates in the country. With the recent surge in gang violence, Mitchell's Plain and surrounding areas clearly require in-depth multi-disciplinary intervention. The Cape Town residential areas of Nyanga, Khayelitsha, Gugulethu and Harare remain the most murderous in the peninsula, according to an analysis which takes population size into account. These areas have experienced abnormally high murder rates for more than a decade.

Low-income areas most affected
Similarly, countrywide analysis of police precinct statistics suggests that income levels matter. Residents in low-income areas, the analysis shows, are far more likely to be murdered than their middle and high-income counterparts. Half of South Africa's murders occur in only 13% or 143 out of 1 127 of police precincts.

A vast majority of the average of 43 murders that take place daily do not make the news. They happen in areas where crime and violence are part of the daily despair of residents who already feel marginalised and forgotten by media and politicians. The majority of murders are not premeditated or committed as part of a crime, like a robbery, but occur when an argument leads to physical assault.

Research shows that most victims are killed by acquaintances, friends or family members during disputes overwhelmingly fuelled by alcohol and in some occasions, drug abuse. Victimisation surveys, police docket surveys and mortuary surveillance studies reveal that the most victims of murder in South Africa are young black men. And studies reveal that most murdered women are killed by their intimate partners. And that men are six times more likely to be killed than women.

People tend to focus on our national murder rate, which is four and a half times higher than the global average of 6.9 per 100 000 people. Yet, some 13% of police precincts in South Africa have murder rates below this rate. These areas include affluent ones such as Brooklyn (Pretoria), Garsfontein (Pretoria), Camps Bay, Claremont, Rondebosch (Cape Town), Edenvale and Linden (Gauteng). Meanwhile, residents of suburbs like Sandton, Parkview (Johannesburg), Durban North, Table View and Woodstock (Cape Town) and others have a murder rate of fewer than 10 per 100 000.

Over 10% of our policing precincts – more than 115 stations – have a zero murder rate. Three in four murders occur in just a quarter of the country's police station areas.

While murder is often used as the main indicator to support arguments that South Africa is a violent country, it makes up only 2.5% of all violent crime. While there were 15 609 murders last year, a total of 607 877 other violent crimes including attempted murder, rape, robbery and assault were also reported to the police. When violent crime hotspots are analysed, central business districts remain the most high-risk areas in terms of violence in general, and specifically for robberies. The clear front-runner is Johannesburg Central, followed by Durban Central, Pietermaritzburg, Cape Town Central and Pretoria Central. These areas also experience very high property crime rates.

Social impacts of crime
Violence affects all South Africans, and the trauma of violence has lasting physical, emotional and often financial consequences.

Murder rates are driven by poverty, social ills and society's general inability to deal with daily conflict and stress in a non-violent manner. Murder should therefore be seen as a social problem which cannot be solved by policing alone.

Unfortunately, South Africa does not have a comprehensive strategy that guides government departments, civil society organisations and the public and encourages practical ways to reduce interpersonal violence. This means that the police are saddled with the problem, an impossible task for one organisation to achieve.

Violence prevention requires long-term interventions. These may not be politically exciting to sell to a crime-weary public but are more likely to yield real results in reducing violence. Interventions which focus on improving parenting skills, reducing the exposure of children to violence and building self-esteem are more likely to interrupt the cycle of violence than anything the police can do.

South Africa has a shortage of over 50 000 social workers yet almost 70 000 additional police officials have been hired over the past 10 years. It is about time that the government adjusts its approach to violence so that we don't waste another 10 years pursuing policies that will not reduce violence in our country.

Fortunately, the need for a new approach is recognised in the National Development Plan, which urges a re-think on building community safety in the medium to long term. The implementation of this plan needs to begin in earnest if thousands of lives are to be saved and the full potential of all of us living in South Africa is to be realised. – This ISS article was first published on africacheck.org

Lizette Lancaster is manager of the crime and justice information hub, governance crime and justice division at ISS.

Girl, 6, killed in shooting

December 3 2013 at 10:20am

Xolani Koyana - Cape Times

A SIX-year-old Mitchells Plain girl was killed and a four-year-old and a teenager injured when a man shot at them in Lentegeur yesterday in what the community police forum says was a gang-related attack.

But police spokesman Andre Traut said the motive was not clear. “A suspect opened fire at three young victims around 2pm in Alexis Preller Crescent, Lentegeur.

The suspect fled and is yet to be arrested.�

The girl, Cassidie van der Merwe had been playing outside her home with a friend Jayden Das, aged four, when they were struck by bullets, she in the head.

Cassidie was rushed to Lentegeur Hospital, but died due to her injuries.

Jayden was taken to the same hospital after being hit in the leg. He is recovering there.

Traut said an 18-year-old who was also in the street at the time was also shot and taken to hospital.

Mitchells Plain Cluster CPF chairman Michael Jacobs said:

“The family doesn’t want to talk to the media. They are too traumatised. �

Anyone with information can call 021 377 5000 and 082 411 2382 or anonynmously CrimeStop on 08600 10111 or SMS Crimeline on 32211.

This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

 

Man held after girl shot dead in park

December 3 2013 at 01:30pm

By Daneel Knoetze and Neo Maditla

Cape Town - Six-year-old Hope van der Merwe was shot dead in a park in Mitchells Plain on Monday. Now her mother has an image in her mind that replays over and over, of her daughter with a bullet wound in her head.

Hope was killed by a single bullet which entered through the back of her head and exited through her left temple. Her friend, Jaden Dass, 5, was wounded in the leg, and an 18-year-old man was also shot and wounded.

Police have arrested a 23-year-old man in Lentegeur on charges of murder following the shootings. Residents said the man was a known drug dealer, and the shooting was almost certainly over drug turf.

The Cape Argus interviewed Hope’s grieving mother, Dashley van der Merwe, on Tuesday morning.

“I have not slept, the pain is overwhelming. An image replays in my mind – there is Hope, lying dead on the pavement with a gunshot in her head,� Van der Merwe said. “She was such a good girl, always helpful and she really loved her teachers. In fact, that was her goal – to become a teacher. Even though she was young, she was very smart, kind, honest. She had a bright future ahead of her, and to us she was the light in all of our lives.�

The shooting happened shortly after 2pm on Monday, and residents said they saw the gunman flee the scene.

Basil Coetzee, chairman of the Community Policing Forum in Lentegeur, said there was speculation that the incident might be gang-related but it was not clear which gangs were fighting for turf in the area. New Woodlands lies next to a railway line. Different gangs were based on either side of the railway line and would shoot at each other, said Coetzee.

They needed a wall to separate the railway line from the houses, he said.

On Tuesday morning Van der Merwe said: “We do not want our community to go the way of Hanover Park or Manenberg. We have a peaceful past, we are not used to these shootings.�

However, since the beginning of the year the Woodlands area in Lentegeur has seen a surge in drug- and gang-related shootings. On Monday night, as Hope’s family grieved at their home, they heard more gunshots ring out nearby.

Joan Mentoor, 55, said she had left her grandson, Jaden, in the park in Alexis Preller Street with his friend, Hope, when she heard four gunshots.

“I turned around and ran back to the park. When I got there someone was crying very loudly next to the body of a little girl.

“I was so emotional that I also started crying. Then I heard Jaden calling me and when I looked around I saw that he had blood all over his leg. I got so hysterical that I took him and started heading towards my house.�

Mentoor said she heard more gunshots, and people started running for cover.

She had one of her sons carry Jaden home.

Kamaal Salie, acting chairman for the Community Policing sub-forum in Lentegeur, visited the Van der Merwe family on Tuesday morning.

He assured them that meetings between Mitchells Plain police and the forum were scheduled for Tuesday. High on the agenda would be the re-establishing of active neighbourhood watches and regular, visible police patrols.

With schools closing or the December holidays on Wednesday, many more children will be playing on pavements and parks around Lentegeur and the Cape Flats generally over the next few weeks.

“It is important that we have meaningful intervention as soon as possible to ensure safety for these children,� Salie said.

At Hope’s home, her family have erected a shrine to her.

A photo of her as a pre-primary graduate is surrounded by candles and her teddy bear and a “thank you award� given to her by her teacher earlier this year for being helpful.

Hope’s funeral has been scheduled for Saturday.

Flyers are making the rounds at businesses in Lentegeur, asking for donations for the family.

Cape Argus

 

  • Grandi
  • Nimpex
  • Rialto Foods

Contact

Direttore/Editor

tel. (0027) (021) 434 3210 cel. (0027) (083) 302 7771

3 Torbay Road, Green Point 8005, Cape Town, South Africa

email: This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.

This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.">

Disclaimer

"I contenuti offerti dal portale "LA GAZZETTA DEL SUD AFRICA" sono gratuiti, redatti con la massima cura/diligenza, e sottoposti ad un accurato controllo da parte della redazione. La Gazzetta del Sud Africa, tuttavia, declina ogni responsabilità, diretta e indiretta, nei confronti degli utenti e in generale di qualsiasi terzo, per eventuali ritardi, imprecisioni, errori, omissioni, danni (diretti, indiretti, conseguenti, punibili e sanzionabili) derivanti dai suddetti contenuti.

Testi, foto, grafica, materiali audio e video inseriti dalla redazione della Gazzetta del Sud Africa nel proprio portale non potranno essere pubblicati, riscritti, commercializzati, distribuiti, radio o videotrasmessi, da parte degli utenti e dei terzi in genere, in alcun modo e sotto qualsiasi forma."