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Tuesday, 24th March 2015 

Il Natale e la certezza di non essere mai soli

Mancano pochi giorni a Natale e solo alcuni di più alla fine dell'anno. La tradizione impone di tirare le somme, ma in giro sembra esserci poca voglia di farlo perché in realtà le prime cose che vengono a mente rendono necessarie le sottrazioni più che le somme. Si è guadagnato di meno e la prospettiva è di arretrare ancora, si è perduta la sicurezza del posto di lavoro e perfino la pensione è a rischio. Le uniche somme possibili sembrano essere tutte con il segno meno. Ma è veramente così?

A soffrire di più questo stato di cose sono le generazioni più giovani, ma secondo me questo è dovuto al fatto che nella loro memoria sono presenti quasi esclusivamente ricordi di quando si stava meglio. Non così per quelli che, come me, hanno memorie che vanno molto più indietro nel tempo. Quando io ero giovane le conquiste degli anni dell'abbondanza erano ancora tutte da venire. A casa mia l'acqua corrente era ancora un lusso, ci si lavava una volta la settimana, al sabato, in una bagnarola alla quale mio fratello accedeva per primo e che io ereditavo con l'acqua già sporca. Non si doveva badare a consumare poca elettricità perché non avevamo elettrodomestici. E anche le spese telefoniche non erano un problema perché non avevano nemmeno il telefono. Men che mai ci dovevamo preoccupare del canone televisivo e la radio andavamo a sentirla al bar o dagli amici che ne avevano una. Il prezzo della benzina non ci interessava perché noi, se si avevano le ruote, si andava esclusivamente a pedale. Mio padre non ha mai posseduto un'automobile. Un vestito all'anno bastava e qualche volta ne avanzava per il fratello minore, che in casa mia ero io. Le scarpe avevano sotto la suola e sotto il tacco mezzelune di metallo per non consumare il cuoio. E se il piede cresceva troppo in fretta bastava tagliare un po' di tomaia sulla punta per trasformare una scarpa chiusa in una specie di sandalo.

Il servizio militare era ancora obbligatorio e il mondo era costantemente sull'orlo della terza guerra mondiale. Gli americani e i loro alleati andavano a morire in Corea e poi in Vietnam, i francesi morivano in Indocina, mentre i piloti italiani impegnati nei servizi di pace delle Nazioni Unite finivano massacrati in Congo.

Poi piano piano le cose sono cambiate. Lo spettro della catastrofe nucleare si è allontanato, è nata l'Europa unita, l'Unione Sovietica si è liquefatta e il progresso ha portato a tutti molte cose che prima erano soltanto dei ricchi. Ma le nazioni hanno accumulato montagne di debiti. E adesso bisogna pagarli. E' vero, ma il fatto è che, a ben guardare, la situazione non è brutta come la si vuol fare apparire. Soltanto cinquant'anni fa i privilegi di cui godono le generazioni attuali non si potevano neanche sognare. Un ridimensionamento delle aspettative non è poi un dramma irreparabile.

Forse la drammaticità della situazione attuale sta nel fatto che alcuni decenni di benessere hanno esaltato le necessità del corpo e quasi annullato quelle dello spirito. Noi, per l'insegnamento ricevuto, pur senza avere la vocazione al sacerdozio, tendevamo ad attribuire maggiore importanza alla preghiera, alla frequenza della chiesa, all'intercessione dei santi e in generale alla presenza di Dio nella nostra vita. Quindi il Natale era sì la festa in cui si ricevevano quelli che per molti di noi, quando c'erano, erano gli unici regali dell'anno, ma era soprattutto il giorno in cui si ripeteva il miracolo della nascita di Gesù, nostra speranza e nostra forza. Per tutto l'anno mia madre, che non era mai entrata in un'aula scolastica e imparò a leggere e scrivere soltanto da adulta per comunicare con il marito andato a lavorare in Arabia, ci ripeteva le storie che a sua volta aveva appreso dalle donne della sua famiglia nelle lunghe sere d'inverno attorno al focolare che, alimentato dalla legna che lei stessa e le sorelle avevano raccolto nel bosco, era l'unica fonte di calore. Ci raccontava di Giuseppe e i suoi fratelli, di Mosè e delle piaghe d'Egitto, di Daniele nella fossa dei leoni, di Sansone e i filistei, di San Francesco e il lupo, dei Re Magi e del Buon Ladrone, della fuga in Egitto. Racconti meravigliosi che tanti bambini di oggi forse non hanno mai sentito, nemmeno dalle loro mamme.

E' questa la differenza fra il Natale del 1950 e quello del 2011? Io non lo so, ma so che quando il mio orizzonte o quello della mia famiglia è oscurato da ombre minacciose, mia moglie e io troviamo grande conforto nella preghiera e nel pensiero che presto sarà Natale e si ripeterà il miracolo che per tutta la vita ci ha dato la certezza di non essere mai soli nei momenti delle difficoltà e del dolore. Questo il nostro augurio a tutti voi che avete avuto la pazienza di leggere queste righe.

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