A quattordici anni minatore nel Midwest americano poi in Siberia, soldato in Sudan, operaio in Svizzera costruttore di ferrovie e dighe nel Kwa Zulu-Natal
Guido Raffaele Monzali
Nato a Zocca di Modena, piccolo villaggio di montagna vicino a Bologna, il 14 marzo 1877, da genitori poveri, Guido Raffaele Monzali era destinato a diventare un gigante in Sud Africa, tanto grande che probabilmente non se ne vedrà mai più l’uguale.
A 14 anni, dotato di scarsissima educazione, decise di emigrare in America alla ricerca di un futuro per sé e della possibilità di aiutare la famiglia rimasta a casa. Quelli erano tempi difficili in Italia e non c’era il tempo di essere adolescenti. I bambini poveri passavano direttamente dall’essere dati in adozione a diventare adulti, uomini e donne. Con l’unico patrimonio rappresentato da ciò che avevano loro insegnato i genitori, questi giovani si avventuravano nel mondo e andavano incontro a un futuro oscuro, nella speranza di guadagnare abbastanza per fare una vita dignitosa e migliorare la loro condizione sociale.
Giunto nel Midwest americano, Guido fu costretto ad accettare un lavoro da minatore per alcuni anni, rientrando in Italia brevemente per ripartire subito dopo e andare a lavorare alla ferrovia Transiberiana a Vladivostok, in Russia. Poi da lì al Sudan, nella torrida Africa, per partecipare alla costruzione di una diga in quel paese e imparare un nuovo mestiere.
Nel 1898, già con un’intera vita alle sue spalle, ma appena ventunenne, mentre era tornato a lavorare in Europa, arrivò la chiama per il servizio militare nell’Esercito Italiano e la sorte lo rispedì in Sudan, dove era in corso la guerra contro i Dervisci, scoppiata al confine con l’Eritrea, divenuta colonia italiana. Qui ebbe modo di distinguersi nuovamente e per il suo valore fu decorato dopo una battaglia per aver salvato la vita di un commilitone esposto al fuoco nemico.
Fra i corrispondenti di guerra in quel conflitto era anche il futuro comandante della Legione Italiana nella prossima Guerra Boera in Sud Africa (1899-1903), Camillo Ricchiardi.
Terminato il servizio militare, Guido tornò alla costruzione di ferrovie in Svizzera e poi andò a lavorare anche a Parigi prima di partire per il lontanissimo continente australiano, continuamente accumulando esperienza e migliorando le proprie qualifiche di costruttore. Ma si ammalò nel Madagascar, isola dell’Oceano Indiano, e fu trasferito via nave a Durban, dove arrivò alla fine della guerra anglo-boera, alla veneranda età di 25 anni. Qui riuscì ad aggiudicarsi il suo primo contratto che consisteva nel raccogliere legna da ardere per i civili internati in un campo di prigionieri di guerra britannico.
Il sogno di Guido era però sempre stato quello di avere una propria impresa di costruzioni. L’occasione si presentò quando vinse un contratto con la “Middelton Brothers” di Durban per la costruzione di una linea ferroviaria lungo la costa del Kwa Zulu-Natal. Completato con successo questo primo progetto e soddisfatte le aspettative degli appaltatori, gli fu subito assegnato un nuovo contratto per il tronco di ferrovia fra Pietermaritzburg e Franklin (East Griqualand), seguito nel 1907 dalla linea fra il Capo e il Kwa Zulu-Natal e nel 1908 dal completamento del tronco Newcastle-Utrecht. Successivamente completò tratti della linea Nord verso Port Shepstone e quindi il tratto Estcourt-Mooi River. Nel 1912-13 portò a termine la linea da Bandolier Kop a Musina in Mpumalanga, ritornando poi a costruire la linea Maritzburg-Rietspruit.
Nel 1913-14 lo troviamo a estrarre gesso a Greytown per la “Pretoria Cement Company”. E nel 1917, durante la prima guerra mondiale, dopo aver completato un contratto sulla deviazione Pentrich-Cato Ridge, sempre nel Kwa Zulu-Natal, andò a costruire la linea Cato Ridge-Clairwood, lungo la quale, a Delville Wood e a Shongweni, costruì due delle gallerie più lunghe esistenti all’epoca in Sud Africa. Poi, realizzando molti contratti con la “Durban Corporation”, inclusa la costruzione della deviazione della linea Nottingham Road-Cedara, nel 1928 costruì un viadotto a nove arcate, il più lungo del paese, a Chaka’s Kraal. A Umgeni acquistò anche una cava di pietra e qui, sul fiume omonimo, costruì un ponte ferroviario a doppio binario, usando il sistema italiano a cilindri. La struttura era lunga 360 metri, aveva undici luci e le fondamenta, 59 metri più in basso, erano all’epoca le più profonde al mondo.
Il ponte, inaugurato ufficialmente nel 1925, ossia un paio di anni prima, era stato già costruito da un contrattore inglese del posto, ma soltanto 18 mesi dopo era crollato all’arrivo della prima inondazione della zona, il che aveva indotto le autorità locali a riprendere in considerazione l’offerta di appalto di Monzali, il quale ebbe così il compito di costruire il nuovo ponte. Purtroppo però, siccome la cerimonia di inaugurazione era già stata fatta dopo la costruzione del primo ponte, Monzali non potè avere la soddisfazione di vedere il suo ponte inaugurato alla fine dei lavori. Quel ponte è ancora in servizio oggi, solido come una roccia.
Monzali costruì successivamente il Ponte Athlone, chiamato così per onorare il Governatore del Sud Africa, Lord Athlone, che costò 69.000 sterline inglesi. Seguì il Ponte Gouritz, anch’esso a Durban.
In quel tempo operava a Durban anche Adolfo Ascoli, di Carrara, un importatore di marmi apuani, il quale passò poi a opere in bronzo, come la statua di Dick King, completata a Durban nel 1912.
La più grande opera di Monzali in Sud Africa fu tuttavia la costruzione della diga di Shongweni, la maggior riserva d’acqua di Durban. Un giornalista italiano di passaggio, arrivato dall’Italia a Durban con il piroscafo “Sistiana”, visitò il cantiere della gigantesca diga e scrisse il seguente commento: “Il signor Raffaele Monzali, di Zocca di Modena, uno dei più ricchi uomini d’affari di Durban, ha insistito perché io visitassi gli imponenti lavori di costruzione della diga a Shongweni. Questo lavoro colossale è stato cominciato da lui (Monzali) e da diversi altri italiani che hanno partecipato al completamento di questo audace progetto. È un bacino in costruzione dal 1922 e sarà completato nel 1927. Fornirà acqua potabile a Durban, lontana circa 30 chilometri e sarà in grado di erogare 90 milioni di litri d’acqua al giorno nei periodi di siccità. Il completamento del bacino costerà alla fine 750.000 sterline e l’acqua raccolta sarà sufficiente per una popolazione di 200.000 abitanti. La diga di sbarramento, fatta completamente in cemento armato, avrà un’altezza di 30 metri sul letto del fiume e poggerà su una base di granito. Ci saranno 4 tunnel per la lunghezza complessiva di 6 chilometri e un diametro variante fra 2 e 5 metri per incanalare l’acqua dal bacino alle condotte di ferro. Il lavoro nei tunnel è affidato principalmente agli italiani. Grazie a questi italiani, presto di residenti della Città di Durban disporranno di una grande quantità di acqua per usi commerciali e domestici”.
Nel 1930 Monzali decise di costruire una grande residenza, o meglio un castello, il “Castello Monzali”, come tutti lo conoscono, nella Town Bush Valley, vicino a Hilton, Pietermaritzburg, dove si può ancora ammirare (ma con altri proprietari, dei quali è la residenza privata). Grazie ai coraggiosi tentativi di Maria Grazia Martinengo, che è penetrata nella proprietà del Castello Monzali ed è stata quasi arrestata dai nuovi proprietari per ingresso abusivo, per la prima volta La Gazzetta del Sud Africa è in grado di farvi vedere una fotografia della magnifica residenza.
Monzali fu anche un grande sostenitore del “Railway Contractors Handicap”, una corsa di cavalli che si disputava a Scottsville, Pietermaritzburg, e che fu popolare per molti anni.
Durante la seconda guerra mondiale molti prigionieri italiani finirono a lavorare in casa Monzali e nelle loro due aziende agricole. In quel periodo a Pietermaritburg fu costruita dai prigionieri italiani una cappella che esiste ancora. In questa cappella il grande Gregorio Fiasconaro, il “padre dell’opera” in Sud Africa, cominciò la carriera musicale che lo rese famoso dopo la guerra, dopo essere diventato professore continuando i suoi studi all’Università di Cape Town. Fiasconaro era un ufficiale dell’Aeronatutica Italiana, abbattuto durante la guerra da caccia inglesi. Gravemente ferito, fu curato dai suoi catturatori al Cairo prima di essere spedito in discrete condizioni di salute al campo di prigionia di Pietermaritzburg, dove diventò poi il direttore delle attività musicali e ricreative, giungendo infine a dare concerti con la sua Orchestra Italiana perfino nella City Hall di Durban. Fiasconaro scrisse la propria autobiografia in un libro intitolato “Lo rifarei”. Suo figlio, Marcello, divenne altrettanto famoso come atleta sudafricano e italiano, vestendo i colori delle due nazionali e vincendo molte gare importanti e stabilendo anche nuovi record nazionali e mondiali nel mezzofondo.
Durante la guerra Monzali stava completando un altro grande progetto, avviato nel 1938 con la costruzione del “Miklo Pass”, completata il 28 maggio 1949. Era il passo di montagna più difficile mai costruito in Sud Africa e fu proprio là, nelle fasi d’avvio del progetto, che avvenne la tragedia. Monzali, guidando un camion su un costone molto ripido, perse il controllo del veicolo, che si capovolse, fratturandogli la schiena e causandogli atroci sofferenze sino alla sua morte nel 1953. Gli sopravvisse la moglie, Michelina Ricci, di Bologna, sposata nel 1909, e i quattro figli, Gastone, Niel, Nola e Marcella.
Quell’uomo che si era fatto da sé, con il suo magnifico senso dell’umorismo, non era più, ma il suo ricordo vive ancora attraverso le sue grandi opere che si possono ancora ammirare, specialmente nel Kwa Zulu-Natal, dove divenne veramente un gigante fra gli uomini.
Viva l’Afritalia.
André G. Martinaglia